Circa 35 milioni di colombiani si recano alle urne domenica 2 ottobre per decidere se accettare o respingere gli accordi di pace tra governo e guerriglia marxista Farc. Assistono al voto oltre 50 rappresentanti degli organismi internazionali di Unasur, Osa, Parlamento europeo.

Se le previsioni dei sondaggi si realizzano – oltre il 62% dei cittadini voterebbe a favore – si avvieranno i più importanti passi concreti per portare a soluzione politica il conflitto armato, che dura da 52 anni.

Dopo quasi quattro anni di trattative – iniziate in Norvegia e proseguite poi all’Avana – ad agosto le parti hanno annunciato a Cuba lo storico accordo, che è stato ratificato a Cartagena il 26. Un percorso che ha preso avvio nel 2008, per merito dello scomparso presidente venezuelano Hugo Chavez, e proseguito poi con Nicolas Maduro. Per questo, l’ex senatrice colombiana Piedad Cordoba – mediatrice della prima ora – insieme ad altre personalità internazionali ha proposto Maduro al Nobel per la Pace.

Ma il controverso riconoscimento andrà probabilmente al presidente Manuel Santos o forse “alla Colombia”, come ha dichiarato l’analista norvegese Asle Sveen. Alla diplomazia di pace venezuelana, che ha portato agli accordi e che continua ora con l’altra guerriglia storica, quella dell’Eln, ha reso omaggio il leader delle Farc Timoshenko nel suo discorso alla cerimonia di Cartagena. Nella loro X conferenza, le Farc hanno ribadito la volontà di trasformarsi in partito politico e di svolgere il loro primo congresso legale entro il 2017.

Se al referendum vincerà il sì, inizierà il processo di smobilitazione della guerriglia, sotto l’egida dell’Onu, della Celac e della Unasur. L’Eln, che ha decretato un cessate il fuoco per il referendum, ha ribadito la volontà al dialogo. Santos ha annunciato per il prossimo trimestre una visita del papa in Colombia, ma il Vaticano non ha confermato.