L’ultima avventura è datata 1995. Da allora, il personaggio-feticcio di Guido Crepax aveva abbandonato le tavole dei fumetti per una nuova vita all’insegna dell’arte museale e applicata. Ora un coraggioso gruppo di fumettisti omaggia il Maestro scomparso all’inizio del nuovo millennio in un volume celebrativo ricco di ottimi enzimi grafici e narrativi, Viva Valentina!: Micol Beltramini, curatrice del progetto (esce nelle libreria il 9 giugno), ne svela la genesi.

In che circostanza è nata l’idea di resuscitare Valentina?
È successo mentre lavoravamo all’ultima edizione completa delle opere di Guido Crepax. A turno noi di Edizioni BD andavamo all’Archivio a consultare materiale inedito, scansionare articoli, farci raccontare storie dagli eredi. A un certo punto il «sarebbe proprio bello se…» è sorto inevitabile, da parte nostra.

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Valentina nasce nel 1965 come critica ironica e osé di Crepax alla morale bacchettona dell’epoca.  Ma da allora a oggi, l’erotismo è ben altra cosa. Come coinvolgere nel gioco la «nuova» Valentina?

Sai che non mi sono neanche posta il problema? L’erotismo di Valentina, per me, è senza tempo. Hai perfettamente ragione, invece, a mettere in luce la sua componente ironica. Vittorio Spinazzola ha speso bellissime parole in proposito: «Poiché si tratta di un personaggio assai piacevolmente femminile, il primo valore che trasmette è di ordine erotico: un erotismo pulito e ilare, che fa tutt’uno con lo spirito di spregiudicatezza, con l’insofferenza per le autorità costituite. Vive in un mondo di ipertrofica modernità, ma non ne ha soggezione. Ed ecco che, appena Valentina le manca di rispetto, tutta l’impeccabile attrezzatura della civiltà dei consumi entra in scompiglio, comincia a scivolar giù per il piano inclinato della satira». Ecco cosa fa Valentina: spogliandosi, scompiglia l’ordine costituito. A volte le sue prese di posizione sono allegre, a volte meno. Ma non credo sia necessario aggiustare di una virgola la sua personalità per adattarla ai nostri tempi. È un mezzo perfetto in sé, per niente fuori moda.

Il personaggio era (anche) l’alter ego di Crepax, che nei suoi fumetti aveva ricreato il suo mondo fino al minimo dettaglio, compresi gli stipiti e il parquet della casa di Via De Amicis dove ha vissuto una parte fondamentale della sua vita. Come avete affrontato il problema con i «nuovi» autori?

In queste storie, fatta eccezione per quella di Lola Airaghi in cui ancora «vive» nello stesso appartamento di cui tu parli, Valentina non ha una casa. È un problema che sicuramente si porrà nel caso che il progetto, come tutti speriamo, abbia un seguito, ma finora nessuno degli autori coinvolti ha sentito la necessità di farle abitare un luogo specifico. Antonio Crepax ha detto che per quel che lo riguarda Valentina potrebbe vivere ovunque, anche a Parigi o a New York. Non sono sicura di essere d’accordo, ma è un fatto che per il momento nessuno di noi si è sentito di spostarla da dove stava.

A proposito: mi piacerebbe approfondire il criterio che ha guidato la scelta degli autori coinvolti…

La proposta è stata estesa a un selezionato numero di autori affermati e artisticamente meritevoli, tutti italiani con l’eccezione di Gilles Vranckx, illustratore e non fumettista, cui abbiamo affidato la copertina per via del suo tratto nervoso e sensuale – tra Crepax, appunto, e Ashley Wood. Il primo discrimine di scelta è stato l’amore per il lavoro di Guido Crepax e il rispetto per il personaggio di Valentina. Il secondo è stato una prova sul campo: abbiamo chiesto a chi desiderava cimentarsi di produrre una tavola di prova. Non è stato, come è intuibile, un compito semplice o privo di responsabilità. C’è addirittura chi ha abdicato lungo la strada, dichiarandosi non all’altezza.

…E la maggior difficoltà da affrontare come editor del progetto?

Ah, mille! Ma dovendo sceglierne una, senz’altro questa: mediare mentalmente tra l’originale e le varie interpretazioni. Dire di no, a volte. E in altri casi, semplicemente, arrendersi. Mi riferisco ad esempio alla Valentina di Tuono Pettinato. Somiglia fisicamente alla Valentina di Guido Crepax? Affatto. Eppure conserva intero il suo spirito dissacrante e battagliero ed è perfettamente in linea con il resto dell’opera di Tuono. È dunque valida? Certo che lo è. Come lo era il primissimo omaggio ricevuto per la collana Mondadori, quello di Bruno Bozzetto. Ciascuno a suo modo, come direbbe Pirandello.

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Tu hai scritto la storia disegnata da Lola Airaghi. Avevi proprio lei in mente? Che metodo di lavoro avete usato?

Lola è stata tra i primissimi autori che ho contattato, e sì, ho insistito io perché fosse lei a disegnare quella storia. Ero convinta fin dal principio che Lola fosse la più crepaxiana del gruppo, dunque la più adatta a disegnare tavole così delicate, in cui era importante che ogni riferimento fosse chiaro. Dato che come puoi immaginare scrivere Valentina mi ha resa un tantino paranoica, le ho mandato, nell’ordine: la sceneggiatura, lo storyboard dettagliato, e una cartellina con tutti i riferimenti fotografici. Mi ha seguita punto per punto, in modo così preciso che non ho praticamente dovuto cambiare una virgola del testo. Cosa che non posso certo dire di Corrado: ogni volta che arrivava una sua tavola era un infarto di felicità, ma mi ha fatto sudare sette camicie per stargli dietro! Però in fondo è anche questo il bello di lavorare in due.

Crepax di suo giocava molto con i personaggi, sia suoi come il piccolo Mattia o Phil Rembrandt/Neutron, sia quelli altrui (i Fantastici Quattro, Flash Gordon, Phantom o l’amatissimo Dick Tracy di «Valentina nel metrò», per dire)… Il volume contempla questo elemento? Dobbiamo aspettarci comparsate celebri?

È molto buffo e bello che tu lo chieda, perché sì, ci sono ben due comparsate celebri! Per ora non ti dico nulla per evitare spoiler, ma credo che i conoscitori di Valentina e del fumetto in genere apprezzeranno molto.

Scrivere Valentina vuol dire scrivere di Milano. Gioco facile, per te. O al limite, anche no.

Pareva abbastanza scontato che almeno una delle mie storie fosse su Valentina e Milano, vero? E invece no, non è andata così, probabilmente anche perché avevo appena finito di scrivere un intero libro su entrambe, che chissà se vedrà mai la luce. Ad ogni modo, come giustamente dici tu, scrivere Valentina vuol dire scrivere di Milano: vivono in simbiosi, anzi, è come se fossero la reciproca immagine riflessa. D’altronde, Crepax non si allontanava mai da Milano. Pochissimo anche dal suo studio, a dire il vero…

Oltre a scrivere Valentina, tu stai anche traducendo le sue storie dall’italiano all’inglese per Fantagraphics. Qual è la difficoltà più grande nel far digerire agli statunitensi il linguaggio onirico, rarefatto e milanesissimo del Crepax scrittore?

In effetti il problema principale, sono state le espressioni dialettali: milanesi e, nel caso di Arno, venete. Ho optato per una soluzione di semplicità, limitandomi a differenziare leggermente il loro modo di esprimersi.