«Roma ha vinto. Dal consiglio comunale è arrivato lo stop definitivo all’ennesima truffa ai danni dei cittadini. L’assemblea capitolina ha deciso di ritirare la candidatura alle Olimpiadi 2024. Il M5S ha detto no ad ulteriori sacrifici per i romani e gli italiani. Capitolo chiuso». La sindaca Virginia Raggi, che in Aula Giulio Cesare durante la seduta mattutina era stata presente a tratti e aveva lasciato la parola al suo vice Daniele Frongia, attende di vedere il sì compatto della sua maggioranza alla mozione che le copre politicamente le spalle(ai 29 consiglieri pentastellati si è aggiunto Stefano Fassina, di Sinistra per Roma, per un totale di 30 voti a favore e 12 contrari), e poi esulta con un post su Facebook, finalmente sollevata dalla responsabilità diretta di dire no a Roma 2024.

La mossa di Fassina spacca invece la segreteria romana di Sel: da un lato Paolo Cento che plaude, e dall’altro alcuni altri, compreso tutto il gruppo regionale che nella seduta straordinaria di mercoledì dedicata alla candidatura, aveva votato a favore dei Giochi, insieme al vice presidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio.

Qualche bisticcio, se non altro sul piano della logica, riesce però anche al gruppo del M5S che nella stessa seduta del Consiglio comunale, ieri mattina, ha approvato anche due mozioni, uguali e contrarie, che chiedono di impiegare i 4 miliardi destinati alla pianificazione delle opere pubbliche in vista delle Olimpiadi per finanziare due progetti apparentemente in competizione tra loro. In un caso, infatti, il testo presentato da Fassina chiede l’uso di quelle risorse per finanziare il «Patto per Roma» proposto dall’assessore all’urbanistica Paolo Berdini che punta al ridisegno della mobilità sostenibile, al sostegno del ciclo dei rifiuti orientato al riuso, alla rigenerazione delle periferie e all’housing sociale. Mentre nell’ordine del giorno di iniziativa pentastellata quei 4 miliardi andrebbero alla «riqualificazione degli impianti sportivi già esistenti nella Capitale».

Una seduta complessivamente caotica, segnata dalla richiesta del voto segreto (Onorato, della lista Marchini), respinto dal vicepresidente Enrico Stefano (M5S) perché «non previsto dal regolamento».

E animata, a metà mattinata, da un improvvisato briefing con i giornalisti di Diana Bianchedi, la “tecnica” del Comitato promotore, che è piombata in sala stampa per confutare che le Olimpiadi del 1960 abbiano lasciato, come ha sostenuto il vicesindaco Frongia, un miliardo di debiti alla città. Subito dopo Bianchedi ha lasciato il Campidoglio, con uno strascico di polemiche e proteste sollevato dal gruppo pentastellato: «Pensavo di poter parlare in Aula ma me lo hanno impedito, – ha detto l’ex campionessa di scherma -. Volevo farlo perché ai consiglieri viene chiesto di votare un dossier che evidentemente non hanno letto».

Frongia invece sottolinea la strana «coincidenza» dei «100 play ground del Coni che ora non vedranno mai la luce» perché «le federazioni sportive hanno ritirato la disponibilità a gestire alcuni impianti sportivi». Così come è stata «ritirata la candidatura 2023 dei mondiali di rugby, perché il governo non l’ha supportata». La risposta del sottosegretario Claudio De Vincenti è immediata: «Come è noto anche ai sassi, se a Roma non si terranno eventi sportivi di un qualche rilievo,la responsabilità è solo ed esclusivamente dell’amministrazione comunale».

Eppure formalmente la candidatura non decadrà fino all’inizio del prossimo anno. Un tempo infinito, nel baillamme romano. Gli occhi del Cio sono ovviamente puntati sulla Capitale, in vista anche della visita di Thomas Bach, che il 4 ottobre prossimo incontrerà Giovanni Malagò. «Siamo consapevoli del voto del Consiglio, così come siamo consapevoli del supporto del Governo Italiano e della Regione Lazio alla candidatura di Roma – è la posizione del Cio diramata ieri -. Noi siamo in contatto con il Comitato Roma 2024 e con il Coni per chiarire queste circostanze politiche».

Per Malagò, il no dell’Aula «non è un fatto formale, ma sostanziale». A chi gli chiede se la partita è chiusa risponde che «è un tavolo con tre gambe: è indispensabile avere il supporto di città, governo e comitato olimpico». Anche se «parto dal presupposto che una candidatura senza il consenso della città perde credibilità».