Tre indizi fanno una prova, diceva Agatha Christie. A conferma che il «No» di Virginia Raggi a Roma 2024 ha aumentato la fibrillazione interna al M5S, tanto da rendere incerta l’opportunità di un passaggio preliminare in consiglio comunale prima che la sindaca proceda con il ritiro della candidatura, ci sono tre fatti: le parole pronunciate ieri da Beppe Grillo, il ringalluzzimento di Matteo Renzi e i contatti diretti tra il presidente del Coni Giovanni Malagò e alcuni consiglieri pentastellati.

Il «rientrato» direttore unico del M5S, infatti, appena salito ieri sera sul palco del Foro Italico, a Palermo, ha messo subito il dito nella piaga: «Le Olimpiadi una volta fermavano le guerre ora le accendono tra noi. Non cadiamo in questa trappola», ha ammonito Grillo aprendo la kermesse che lo ri-incorona, sostituendolo al soppresso direttorio. «Mettevi bene in testa questo – ha aggiunto – a Roma abbiamo avuto un po’ di impreparazione, è una città complicata. Torino va benissimo, ma fa 900 mila abitanti. Adesso si stanno assestando ma le decisioni le prende la signora (Raggi, che sul palco siciliano salirà oggi, ndr). Lei è in grado di prendere qualsiasi decisione». Il messaggio è chiaro, arricchito da una battuta, vecchia ma con solida grip: «Le Olimpiadi a Roma ci sono già, c’è il pattinaggio artistico sul guano, c’è l’attraversamento in stile farfalla del sottopassaggio allagato».

In mattinata invece Renzi, che per incassare meglio il colpo grillino nei giorni scorsi aveva mostrato un fair play quasi supino, è tornato ad alzare la testa, con un invito esplicito ai consiglieri comunali della maggioranza (alcuni dei quali hanno esplicitato anche allo stesso Malagò il loro malessere) ad avere «un sussulto di riflessione». «L’immagine del No alle Olimpiadi è una straordinaria metafora dell’Italia del No. Il fatto di dire che non si fanno le Olimpiadi per timore della corruzione è una incredibile ammissione di incapacità da parte della dirigenza della città – ha detto il segretario del Pd da Prato – E se tu hai davanti otto anni, se hai un minimo di credibilità e autorevolezza, tu i ladri li cacci. Non si fermano le grandi opere, si fermano i ladri. Se invece dici no e hai paura, hai sbagliato mestiere. C’è chi sta alla finestra e chi sta nell’arena: è questa la differenza tra la politica e il bar dello sport…». In ogni caso, aggiunge, «se i consiglieri comunali, che spero abbiano un sussulto di riflessione, decideranno per il no noi ne prenderemmo atto».

Renzi però in qualche modo già avverte la giunta pentastellata, e in particolare l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini che dal manifesto (vedi intervista del 22 settembre) aveva lanciato la sua contro-proposta di «un patto per Roma»: «I soldi delle Olimpiadi li puoi mettere nelle periferie di Roma se le fai, se no quei soldi vanno nelle periferie di Parigi e Los Angeles. Mi piange il cuore per i posti di lavoro persi a Roma, per le periferie di Roma. – scandisce il premier – Los Angeles e Parigi son due giorni che festeggiano».

Eppure c’è ancora chi, come Luciano Spalletti, allenatore della Roma, chiede al governo nazionale di «trovare le soluzioni» per «sfruttare l’occasione dei Giochi 2024».

Mentre Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani, invita «il segretario del Pd» a «riconoscere che il proprio partito si è assunto, insieme al M5S, la responsabilità di affossare il referendum che avevamo avviato» come unico strumento di scelta consapevole da parte dei cittadini romani, preferendo invece «appiattirsi sul progetto di Malagò e Montezemolo». E invita Renzi a recuperare, se possibile, il tempo perso, mettendo a disposizione la poderosa macchina dem per raccogliere le firme.

Intanto si dilatano i tempi per il voto in Aula Giulio Cesare della mozione grillina che Raggi vorrebbe come via libera al ritiro della candidatura. Secondo il capogruppo M5S, Paolo Ferrara, «il consiglio potrebbe essere convocato martedì o giovedì, credo in uno di questi due consigli la mozione arriverà». Fermo restando, precisa Ferrara, che «la mozione è un indirizzo politico, non è una delibera». L’atto formale è nelle sole mani della sindaca.