Sono passati due mesi e mezzo da quando Virginia Raggi sedeva per la prima volta sullo scranno centrale del Campidoglio. Era il debutto del consiglio comunale a maggioranza grillina. Aveva simbolicamente ai suoi piedi il gotha del Movimento 5 Stelle: il direttorio e mini-direttorio al completo, i parlamentari con gli occhi lucidi, la giunta in ghingheri. Ieri pomeriggio la sindaca è tornata dopo venti giorni di navigazione col mare in tempesta («Non si era mai vista l’aula chiusa per tanto tempo», dicono dall’opposizione) a parlare in consiglio comunale. In questo frattempo, il mini-direttorio romano si è dissolto e il direttorio nazionale è diviso. Tutto a causa dei veleni romani e degli errori della sindaca.

Adesso Raggi osserva le sedie degli ospiti vuote e le poltrone degli assessori sguarnite. Ieri c’erano Linda Meleo, che ha la delega ai trasporti, e il vice-sindaco Daniele Frongia. Alcuni sono impegnati in attività istituzionali. Altri, come l’assessore a bilancio, partecipate e patrimonio Marcello Minenna, se ne sono andati sbattendo la porta.

Dopo quelle dimissioni, Raggi non aveva mai relazionato in aula. Se la cava leggendo un testo breve, col quale annuncia di non aver ancora trovato un sostituto. «Di recente l’assessore al bilancio ha rassegnato le dimissioni – scandisce – Io, coadiuvata dalla giunta, ho avviato la ricerca di due nuovi assessori, con le deleghe al bilancio e al patrimonio e alle partecipate che tornano separate. Sto visionando curriculum e valutando persone». Ancora più stringato il passaggio sulla vicenda dell’ex giudice della Corte dei Conti Raffaele De Dominicis, scelto come successore di Marcello Minenna e poi revocato. Raggi ha sottolineato che erano «venute meno le condizioni politiche per il rapporto fiduciario. Nel più breve tempo possibile procederemo alle nomine». Proprio su De Dominicis scoppia un giallo procedurale. «Non abbiamo trovato l’ordinanza con cui De Dominicis è stato revocato – dice il capogruppo in della Lista Marchini Alessandro Onorato – Tecnicamente in carica. Anzi oggi è assente, non so se ha mandato la giustificazione. Non riusciamo a capire perché Raggi abbia detto una bugia». «L’ho appreso in aula. Verificherò con gli uffici», commenta il capogruppo del M5S Paolo Ferrara.

Si parla di Olimpiadi, anche se il tema non è all’ordine dei lavori. Svetlana Celli, della lista civica per Giachetti «Roma torna Roma», invoca il «metodo Berdini», richiamando l’esternazione dell’assessore all’urbanistica che aveva sostenuto la possibilità di giocarsi la partita delle Olimpiadi imponendo un programma di opere pubbliche. L’atteggiamento sibillino di Raggi e dei suoi amplifica le voci più disparate. Secondo alcuni Raggi userà un escamotage tecnico per dire sì al grande evento: c’è lo spettro di una denuncia per danno erariale che grava su chi dovesse fare dietrofont sui giochi. In serata si tiene una riunione tecnica tra una delegazione dell’amministrazione (senza sindaca) e una del comitato Roma 2024. Il Pd chiede provocatoriamente che venga trasmesso in streaming e auspica la partecipazione di Berdini.

Berdini c’era, uscendo racconta: «Ho detto che sono a favore di un progetto per la città. In questo progetto ci può essere anche quello delle Olimpiadi del 2024? Questa è una bella domanda, io sono per fare una città diversa». Oggi Raggi incontrerà il presidente del Coni Giovanni Malagò. Seguirà una conferenza stampa, dal quale uscirà un verdetto, ma forse non ancora quello definitivo.

Tutto questo precipiterà sulla kermesse grillina di Palermo del prossimo fine settimana. Si apprende che le sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino interverranno nel pomeriggio di sabato. Con ogni probabilità Raggi sarà su quel palco senza una parola davvero definitiva sulle Olimpiadi. Grillo, che ha fatto del rifiuto dei giochi olimpici una discriminante, come sempre accade in questi eventi avrà accesso libero in scena. Potrà fare le sue incursioni, da consumato showman. Sarà lui a dire l’ultima parola. Con tutti i parlamentari e gli eletti alle sue spalle, senza posti speciali per Di Battista e Di Maio come era avvenuto al Circo Massimo due anni fa. Come a mettere in scena il suo ruolo di garante dell’unità dei suoi «ragazzi». Eventi romani permettendo.