È alla periferia est che si gioca il destino di Mosul. I combattimenti si stanno facendo più intensi su quel lato del fronte dove le forze governative irachene cercano di avanzare ma i miliziani dell’Isis oppongono una strenua resistenza. Ieri cinque commando delle forze speciali irachene sono rimasti uccisi nel tentativo di prendere il controllo del quartiere di Samaha, necessario per consolidare la testa di ponte aperta mercoledì nel distretto di Gogjali. Gli uomini del califfato non arretrano. Sono ancora attestati a 300 metri dalle linee governative, ha riferito un inviato della tv curda Rudaw. L’esercito di Baghdad per questo sta cercando di aprire un secondo fronte, a nord-est di Mosul, in direzione dei quartieri di Tahrir e Zahara. Deve però fare i conti con le incursioni dell’Isis volte ad allentare la pressione su Mosul. Come quella avvenuta giovedì nella città di Shirqat in cui sono rimasti uccisi 6 agenti di polizia, 20 jihadisti e 10 civili. Non lontano dal fronte sono attestati i 500 militari italiani della missione Presidium, che presidiano la diga di Mosul.

Più la battaglia per Mosul entra nel vivo più aumentano le preoccupazioni per i civili. Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, ieri ha avvertito che 400 donne sono ostaggio dell’Isis a Tal Afar. Donne che appartengono a minoranze, quindi ancora più esposte a violenze e abusi. Lo Stato islamico, ha aggiunto Shamdasani, continua a trasferire i civili con la forza. Martedì scorso, circa 1.600 persone a bordo di camion sono state portate da Hamam al-Alil a Tal Afar. Potrebbero essere usate come scudi umani.

Altrettanto importanti, ma meno riferiti dai media internazionali, sono i civili uccisi dai raid aerei della Coalizione a guida Usa, incluso quello di mercoledì scorso che ha ucciso quattro donne nel quartiere di al-Qudus di Mosul. I civili, come si temeva, sono i più colpiti e vivono in condizioni spaventose. L’Ong Oxfam denuncia che migliaia di famiglie irachene di Mosul vivono in un «inferno pieno di fumo» a causa degli incendi appiccati dai miliziani dell’Isis in ritirata. Il fumo, scrive Oxfam, «oscura il sole e rende grigie le facce dei bambini». Un problema che riguarda soprattutto la regione di Qarayya dove l’Isis in ritirata ha appiccato incendi a 19 pozzi di petrolio.