Le autorità ungheresi hanno annunciato di aver quasi portato a termine la barriera al confine con la Croazia. Il portavoce del governo precisa che l’intenzione non è quella di chiudere i confini ma proteggere le frontiere dell’Unione europea.

Si tratta della seconda barriera protettiva che va ad aggiungersi a quella già eretta al confine con la Serbia e serve a fermare il flusso di migranti che seguendo la rotta balcanica cerca di entrare in Ungheria per proseguire il suo viaggio verso i paesi ricchi dell’Europa occidentale e settentrionale. L’idea del filo spinato ha sollevato da subito critiche a livello internazionale che si sono aggiunte a quelle dell’opposizione ungherese di centro-sinistra la quale condanna la politica adottata dal governo Orbán sul fronte dell’immigrazione in quanto capace di incoraggiare sentimenti di xenofobia fra la gente. Queste critiche si sono levate dalle prime dichiarazioni del primo ministro sul fenomeno e sul modo previsto dal governo per gestirlo. Opposizione e ambienti progressisti della società civile hanno da subito criticato i cartelloni comparsi mesi fa nelle città ungheresi per scoraggiare i flussi verso lo stato danubiano. Oggi a Budapest e nelle altre città del paese ne sono comparsi altri con su scritto che oltre il 90% degli ungheresi ritiene che la politica dell’Unione europea sull’immigrazione sia andata incontro a un fallimento e che il paese deve essere difeso. «La gente ha deciso», dicono i cartelloni.

Il modo migliore di difendere il paese, secondo il governo, è quello di proteggere in modo efficace le sue frontiere. Per l’esecutivo si tratta di un atto di responsabilità nei confronti dell’Ungheria e dell’intera Europa. A parere di Viktor Orbán è dovere di ogni stato membro sorvegliare i suoi confini e contribuire in modo adeguato alla difesa delle frontiere di Schengen. Ne va del futuro dell’Europa.

Subito dopo aver portato a termine la barriera di metallo e filo spinato che ha sigillato la linea di confine tra Ungheria e Serbia, le autorità di Budapest hanno annunciato l’intenzione di estendere il reticolato alla frontiera con la Romania (cosa di cui non si sta più parlando) e con la Croazia. «Si tratta di seguire la pista percorsa dai migranti». Ha detto di recente Orbán nel corso di un’intervista uscita su Le Figaro; per il primo ministro ungherese occorre tenere conto del fatto che non sono i migranti a scegliere la strada da fare ma i trafficanti di esseri umani. Secondo la diplomazia ungherese la politica delle quote finirà per incoraggiare l’attività di questi ultimi e i movimenti dei migranti clandestini. Settimane fa Orbán aveva detto a Bruxelles che si potrebbe parlare di quote solo se l’Europa fosse capace di difendere adeguatamente i suoi confini. Quindi per Budapest il principio fondamentale che deve ispirare la gestione dell’emergenza migranti è quello della difesa delle frontiere di Schengen attraverso un impegno comune.

Il vertice svoltosi questa settimana ha fatto prevalere il sistema delle quote obbligatorie malgrado l’opposizione di Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania, i paesi protagonisti dello strappo con Bruxelles. Il summit è iniziato e finito all’insegna del malumore dei quattro e del disappunto di Viktor Orbán. «È la prima volta che stati membri vengono criticati perché hanno un punto di vista diverso» aveva detto, e ancora «essere etichettati come cattivi europei è un’esperienza scioccante».

In precedenza il premier aveva proposto l’accoglienza dei migranti nei campi profughi dei paesi vicini agli scenari di guerra: Turchia, Libano e Giordania, sotto la supervisione dell’Ue, e detto che l’Ungheria avrebbe messo l’1% del bilancio a disposizione di un simile programma. Contemporaneamente l’Ue si sarebbe dovuta impegnare a rafforzare i controlli alle sue frontiere, soprattutto in Grecia, attraverso il già citato impegno comune. Solo a queste condizioni, per Orbán si potrebbe parlare di quote. L’Ue però ha già deciso quale strada percorrere, così anche l’Ungheria con la politica della difesa delle frontiere comunitarie. L’emittente televisiva RTL ha trasmesso immagini che dimostrerebbero l’inizio di lavori di costruzione di un reticolato anche al confine con la Slovenia, ma Orbán ha smentito.