Socialmente pericolosi. Questa la motivazione del foglio di via per gli attivisti del presidio No Border, al confine tra Mentone e Ventimiglia. Dall’11 giugno, quando un gruppo di migranti ha deciso di accamparsi sugli scogli per resistere alle deportazioni, i ragazzi che si alternano al campeggio autogestito sotto il ponte dell’autostrada hanno collezionato 21 denunce e 8 fogli di via, e altri due provvedimenti sarebbero in preparazione. «Le ultime ritorsioni – dice Lorenzo al manifesto – sono arrivate dopo la manifestazione di martedì scorso a Ponte San Ludovico, quando la polizia ha usato pesantemente i manganelli».

Gli attivisti avevano organizzato una protesta contro la repressione dei migranti, i respingimenti e il ping pong alle frontiere. In conseguenza degli accordi internazionali, infatti, né l’Italia né la Francia vogliono aumentare le proprie quote e i poliziotti alle dogane cercano in ogni modo di dimostrare la provenienza dei fermati per rimandarli nel paese da cui arrivano. Diventano allora prove i biglietti dei treni, gli scontrini scritti in italiano trovati in tasca, magliette o indumenti di marca italiana. Alla frontiera alta di Ponte San Luigi, chi cade nelle maglie dei controlli viene recluso nei container, dove può restare per ore. Gli attivisti accorrono, per monitorare la situazione ed evitare per quanto possibile gli abusi. E così capita che le denunce fiocchino o che qualche volto fotografato in altri cortei riceva il foglio di via, com’è accaduto a un ragazzo, riconosciuto durante una manifestazione contro Salvini.

Il 30 agosto, mentre presidiava i container, un attivista francese di origine araba è stato tenuto in carcere per due giorni e una notte. Ha subito un processo per direttissima per oltraggio e ribellione nei confronti di un poliziotto e la prossima udienza ci sarà a fine mese. «Una storia assurda – ha raccontato Fuad – quel giorno ho visto due migranti fuori dai container. Mi è venuto spontaneo gridare un saluto in arabo e chiedergli se andasse tutto bene. Un gruppo di poliziotti francesi è corso fuori dalla dogana e ci ha inseguito. Sono stato preso per il collo, picchiato e insultato, ho una prognosi di 7 giorni, ma l’accusa è di essere stato io ad aggredire i poliziotti. Durante l’interrogatorio mi chiedevano: perché incitate i migranti alla ribellione?».

Il divieto di fermarsi a Ventimiglia a seguito del foglio di via ha un sapore grottesco per chi risiede nell’entroterra del Ponente Ligure, obbligato a transitare per la piccola cittadina di frontiera. Così è successo a Pasquale, il “contadino-ingegnere” di Dolceacqua, che ha ideato il forno ecologico a ruote e la doccia a pannelli solari. Pasquale ha fatto ricorso, ma intanto al presidio c’è un vuoto.

Gli altri, però, resistono. I volontari arrivano da ogni parte d’Europa, seppur con qualche difficoltà in più, per via della riapertura delle scuole e degli impegni lavorativi. Alla frontiera di San Ludovico, sotto le tende improvvisate nell’area parcheggio, funzionano laboratori artistici, corsi di lingua e cineforum. Sotto il ponte, vi è un vero e proprio campeggio organizzato con un’area per la notte e una diurna e con docce per uomini e donne, tutto pulito e ordinato. Ogni settimana, arriva dalla Francia un’equipe di Medecins du Monde e porta assistenza anche la sezione francese di Amnesty international, affiancata da un’associazione benefica islamica di Nizza. Dall’11 al 13, si è svolta una tre giorni di incontri e dibattiti internazionali. «Insieme ai migranti – racconta Lorenzo abbiamo simbolicamente attraversato il confine via mare e organizzato momenti di discussione e solidarietà sulle altre situazioni di confine».

E sul conto corrente offerto dall’associazione Popoli in Arte, di San Remo, è arrivata una significativa e cospicua donazione: da parte del vescovo Antonio Suetta, che ha deciso di sostenere con 2.000 euro il presidio autogestito che le autorità locali vorrebbero sgomberare.