A quattro giorni dal voto l’unica notizia certa è che la gara tra Trump e Clinton non sarà qualcosa da cui la nazione si riprenderà facilmente e velocemente. Nonostante sia ormai chiaro che i sondaggi a livello nazionale non hanno alcuna influenza sui risultati finali, il balletto dei numeri continua a predominare nelle news.

La Cnn pubblica un sondaggio che semina il panico, mostrando come Hillary Clinton sia sotto la soglia di 270 voti dei grandi elettori, cioè il numero magico da raggiungere nell’Election day per diventare presidente. In realtà Clinton è sempre stata sotto quella soglia, come è normale che sia, casomai la notizia sarebbe che al momento, nonostante il suo trend sia stazionario e non in crescita, tocca la soglia dei 268 Grandi elettori, contro i 204 di Trump, vale a dire Clinton è lontana dalla presidenza di due Grandi elettori, il suo rivale molti di più.

Il sondaggio di Cnn, però, rimbalza sulla stampa specialmente straniera dando il polso di quanto un’eventuale presidenza Trump sia temuta a livello sia nazionale che internazionale. Che un presidente in America possa essere eletto senza avere la maggioranza dei voti su scala nazionale è già accaduto, è successo nel duello Gore-Bush, ma sappiamo che quelle elezioni sono state a dir poco particolari. Tanto più il divario è minimo, come nel caso di Clinton contro Trump, tanto maggiore è l’importanza degli Stati.

Bush-Dukakis, ad esempio, nel 1988 finì 56% a 44%. Tutto sommato un divario non esagerato, ma a livello di grandi elettori, che sono quelli che contano, finì 426 a 111. Nel 1968 Nixon vinse contro Humphrey per 800mila voti su 70 milioni, un pugno di persone, si può dire, ma sui grandi elettori non ci fu mai gara: finì 301 a 191.

I voti nazionali contano molto relativamente, il numero di super-delegati raggiunti fino ad oggi conta di più, e al momento Clinton è a due voti dalla presidenza. Ciò non vuol minimamente dire che ce l’abbia in tasca, ma che l’attenzione e gli sforzi sono tutti negli Stati in bilico. Nella giornata di venerdì entrambi hanno fatto comizi in ben tre Stati, tra cui l’Ohio, dove Clinton è apparsa con il magnate della musica Jay Z, che con la moglie Beyoncè è uno dei fedelissimi della candidata democratica. Nei prossimi giorni anche Bon Jovi e Kate Perry faranno concerti a sostegno di Hillary, che conta su un supporto straordinario. Per lei stanno facendo campagna il presidente, la first lady, il vice presidente, l’opposizione di sinistra di Sanders e Warren che si alternano in North Carolina, Ohio, New Hampshire Florida, e in un po’ tutti gli Stati traballanti.

Trump ha potuto contare sul supporto della moglie Melania che giovedì ha fatto la su unica apparizione durante la campagna repubblicana. L’intervento precedente di Melania Trump risaliva alla convention del Gop, quando era stata scoperta a plagiare lo stesso discorso fatto da Michelle Obama otto anni prima. Ma ieri a Berwyn, non lontano da Philadelphia, in Pennsylvania, dove sono in palio 20 grandi elettori, non c’era tanta gente ad ascoltare la moglie di Trump. Melania si è presentata parlando non da ex modella internazionale e moglie di un miliardario di New York, ma come una normale cittadina americana. «Sono una mamma a tempo pieno – ha detto dal palco – e tutte le mamme sanno quanto siano fortunate. Voglio che i nostri figli vivano una vita fantastica, che si sentano al sicuro e protetti. Sarà mio onore e privilegio servire questo Paese. Da first lady sarò al fianco delle donne e dei bambini».

LA Pennsylvania è uno Stato diviso, la cui lettura politica emerge dalla mappa: le due città principali, Philadelphia e Pittsburgh, sono capisaldi democratici, ma tra loro si estende una fascia a forma di T dove il voto è invece iper-conservatore. A fare la differenza sarà l’affluenza alle urne nell’area metropolitana di Philadelphia. Al momento gli elettori democratici registrati sono 900mila, mentre quelli repubblicani solo 100mila. Il punto è quanti democratici andranno alle urne: se ci andranno in più di 400mila, allora la Pennsylvania andrà ai democratici.

I voti anticipati raccolti nella nazione, intanto, sono un terzo del totale. Si tratta per lo più voti elettronici, espressi usando delle specie di bancomat elettorali, semplici computer con un semplice software. Vengono registrati su chip , conservati su hard drive protetti e scrutinati nella notte elettorale, insieme ai voti dell’election day. Se c’è timore di broglio va registrato a monte, nella programmazione del software o nell’utilizzo programmato del computer che si usa per votare.