Avevo conosciuto Paolo Leon ai tempi della nostra libera docenza, tempi accademicamente migliori di quelli presenti, e ne avevo poi sempre letto gli scritti con stima e simpatia per la sua padronanza dei Classici: Smith Ricardo Marx Keynes, per la sua sprezzatura nei confronti della teoria economica oggi dominante, per la sua conoscenza dei fatti e del contesto istituzionale, e per la sua passione politica.

Il 31 maggio di quest’anno mi aveva annunciato l’invio di un suo libretto, ma l’11 giugno se ne è andato.

Il libretto è: Paolo Leon, i poteri ignoranti, Castelvecchi 2016, e queste ne sono le conclusioni: «Le ragioni economiche per le quali gli Stati e la politica non intervengono direttamemente per aumentare la domanda effettiva dopo il crollo, la depressione e la deflazione, sono certamente di origine sociale e politica. Il meglio che si possa dire è che gli Stati non sono stupidi, ma sono ormai un potere ignorante che agisce sulla base della cultura di chi li governa, e questa è ormai resa ottusa dall’ideologia del libero mercato, che sostiene come qualsiasi intervento pubblico genera più costi che benefici – e questa convinzione accomuna gli imprenditori ai capitalisti, i sostenitori della “terza via” come i partiti conservatori e libertari. Allo stesso tempo, questa ideologia resiste agli urti della crisi, quando i costi superano largamente i benefici, perché la crescente concentrazione della ricchezza per i capitalisti e dei compensi per gli imprenditori giustifica continuamente il diritto dei pochi – e perciò il dovere alla povertà degli altri».

Viviamo in un mondo in cui i pochissimi che pensano non comandano. Ora ce ne è uno di meno, e a quanti comandano ciò non dispiacerà troppo.