Il centrodestra, c’est moi! Stefano Parisi non ha detto proprio così, e secondo gli storici nemmeno Luigi XIV, eppure la sostanza è questa. C’è un tale in camicia bianca, ma allacciata fino al collo e con cravatta, che per un’ora di fila parla in pubblico – è a suo agio, a tratti spiritoso – per dire che lui si mette a disposizione per cambiare il paese. Se la prende con un tale che ha la stessa ambizione ma ultimamente sta arrancando un po’, in qualche modo si assomigliano e in fondo non si rivolgono a platee così distanti tra loro. Lo scorso giugno, a Milano, non si diceva che Parisi avrebbe anche potuto candidarsi per questo centrosinistra? L’ideologia che potrebbe compiere il miracolo – tenere insieme un centrodestra in grado di essere competitivo con Pd e M5S – si chiama “liberalismo popolare”.

Stefano Parisi usa spesso questa formula durante l’intervento conclusivo alla due giorni di Milano intitolata “Energie per l’Italia”. Significa: ok lo spirito del 94’ e le mani libere all’impresa e il primato del capitale e uno Stato più leggero, “ma il mondo è cambiato”, da qui la necessità di rivolgersi per prima cosa alle persone, di farle sentire parte di un progetto che le riguarda, perché forse il centrodestra in passato ha dato di sé un’idea troppo elitaria. Non è rozzo come Salvini che indossa la felpa “Io sono un populista”, ma si vede che l’ex manager nella sua carriera ha masticato una cultura politica diversa dal berlusconismo. Per dire, nel suo discorso che sembra un programma di governo, ci infila anche la riforma del carcere, “che qui è peggio che nel terzo mondo”, e tesse l’elogio della concertazione sindacale: “Abbiamo bisogno di mediatori sociali perché un leader che parla solo in tv perde il contatto con la realtà”. Strano applauso.

Ce ne saranno altri. Quando attacca Matteo Renzi. “Non è un pericolo per la democrazia ma per lo sviluppo dell’economia, non c’è un rischio di colpo di stato ma di morte del paese che è molto più grave”. Sulla politica estera: “Ventotene, Maranello, Atene, Bratislava: quattro incontri e quattro linee diverse. La debolezza del nostro paese è pazzesca. A Maranello cosa si sono detti? Quanto sono belle le Ferrari oppure hanno parlato di Ue e immigrazione?”. Applausi anche quando prende le distanze dall’ideologia del giustizialismo: “Ma serve un’autorità contro la corruzione? La nomina viene dal presidente del Consiglio, quindi non so quanto possa essere imparziale, e poi ogni giorno dice la sua, anche sulla cannabis, ma non scherziamo”. Oppure quando liquida il M5S scherzando sull’avviso di garanzia: “Non basta dire onestà, servono persone competenti, magari avere tanti avvisi di garanzia significa aver lavorato bene”. Ma, attenzione: “Politica è legalità, noi dobbiamo avere persone integerrime”.

Le elezioni non sono alle porte e lui non è ancora stato nominato, per cui è proprio su quel “noi” che Parisi deve calibrare le riflessioni più stringenti. Il problema restano i suoi riottosi alleati (impossibili da rottamare). Quindi sul referendum, per rassicurare Salvini, lui vota no: “Si può fare una riforma molto più seria di questa”. C’è un altro motivo: “Se vince il no non è vero che c’è il caos, ci siamo noi che potremo sostituirlo al governo: se siamo uniti, siamo già pronti”. Il tempo stringe e il centrodestra, lascia intendere l’ex manager, di lui si può fidare: “Siamo profondamente alternativi al centrosinistra, in questi due giorni abbiamo fatto un buon lavoro: dobbiamo coagulare tutto il centrodestra, voglio lanciare un messaggio di unità. Penso che noi siamo il futuro della politica”. Fine, sulle note esagerate di una sonorità epica in crescendo.

A parte il Corriere della Sera, qualcun altro si è convinto? La cavalcata è appena cominciata ma qualcosa si sta muovendo. Renato Brunetta ironizza e si compiace del dizionario politico di Parisi, perché sembra quello di Forza Italia, anche se “i giornaloni” adesso lo dipingono come il nuovo: “Benvenuto, gli daremo la tessera, siamo pronti a lavorare insieme visto che abbiamo ascoltato cose che diciamo da anni”. Altri invece, di stanza a Pontida, rispondono picche. “La Lega è pronta a fare da sola – dice Salvini – qui ci sono ragazzi che costruiscono il loro futuro mentre altri si ritrovano al chiuso con le mummie politiche”. Son cose che si dicono.