Si ha la strana idea che la lotta partigiana, e con essa l’Anpi, siano qualcosa che appartenga ormai al passato. Un errore dovuto forse anche al fatto che per molti anni la stessa festa della Liberazione è stata vissuta dai più come un evento rituale, dando ormai per scontati valori ritenuti acquisiti per sempre. In realtà in questi 71 anni della sua storia (venne costituita a Roma, in Campidoglio, nel 1944, quando il Nord Italia era ancora in mano ai nazifascisti) l’Anpi ha saputo trasformarsi adattandosi ai tempi, ma soprattutto senza smettere mai di difendere la democrazia, dalla P2 come dal terrorismo.

Nel 2006 ha cambiato il suo statuto aprendosi anche a quanti non avevano combattuto per liberare l’Italia. Oggi conta 130 mila iscritti, il 15% dei quali composto da giovani tra i 18 e i 25 anni. I vecchi partigiani sono invece 10.000. «Certamente, nel tempo, l’Anpi è cambiata», dice Carlo Smuraglia, 92 anni, presidente nazionale dell’associazione. «Prima di tutto per lo stesso approccio al tema della Resistenza, che è stato sempre meno «eroico» e celebrativo divenendo sostanzialmente più «riflessivo». Lo stesso modo di concepire la memoria si è evoluto, passando gradualmente dal ricordo (doveroso e necessario, ma insufficiente) alla memoria attiva. E’ aumentata la percezione che bisognava fare di più sull’antifascismo, sulla Costituzione, sui valori, sui diritti. Negli ultimi anni ci siamo occupati più a fondo delle stragi nazifasciste, della informazione su ciò che è stato veramente il fascismo, sulle posizioni da assumere per contrastare i rinascenti e crescenti fenomeni di neofascismo.

Se si pensa che in poco tempo siamo riusciti ad ottenere dalla Germania il finanziamento di un importantissimo «Atlante delle stragi», abbiamo siglato una convenzione con il ministero dell’Istruzione per approfondire e irrobustire la formazione di una «cittadinanza attiva», ed abbiamo fatto anche una convenzione con l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Italiano per collaborare insieme nella ricostruzione delle vicende storiche, e nel perfezionare gli Archivi, nella formazione, e così via si ha già una visione dell’Anpi molto diversa rispetto a quella tradizionale, ovviamente conservando le nostre radici ed anzi puntando sempre su quelle per guardare al presente e al futuro.
Infine, abbiamo cercato e stiamo cercando di attribuire un valore più pregnante, vorrei dire più «riflessivo» alle celebrazioni e alle festività. Lo stesso 70° della Liberazione l’abbiamo affrontato con uno spirito nuovo, in un certo senso più «laico» pur respingendo – nello stesso tempo – ogni tentativo di revisionismo che proviene da più parti e che deve essere sconfitto».

Lei ha preso posizione contro alcuni progetti di riforma del governo, partecipando a manifestazioni insieme a Lorenza Carlassarre, Stefano Rodotà e Gianni Ferrara. Una forte presa di posizione motivata da cosa?

E’ vero, abbiamo preso una posizione forte sul tema delle riforme costituzionali, a partire dalla manifestazione del 29 aprile 2014 promossa dall’Anpi nazionale, al Teatro Eliseo di Roma, fortemente partecipata e con oratori professionalmente e politicamente robusti. D’altronde, è nostro compito, più che difendere, quello di proteggere la Costituzione contro ogni attacco, esplicito o strisciante. Siamo prontissimi anche a prendere in considerazione le eventuali modifiche che appaiano necessarie, ma non siamo disposti a lasciare che si stravolga la Costituzione in tutte le sue parti, che sono intimamente e intrinsecamente collegate.

Nel 2006 l’Anpi ha cambiato il suo statuto aprendo anche ai non partigiani.

Abbiamo ammesso anche gli antifascisti. E’ stata una decisione in parte anche sofferta ma altamente positiva, non solo perché altrimenti ci saremmo avviati inesorabilmente verso l’estinzione con il venir meno di gran parte dei combattenti della Libertà (o comunque avremmo corso il rischio di restringerci in noi stessi e nel nostro passato) ma anche e soprattutto perché abbiamo immesso nel corpo dell’Associazione una linfa nuova, quella di generazioni intermedie e quella dei giovani. Dobbiamo a questo nuovo impulso ed a questi nuovi apporti di essere ancora e sempre quelli che siamo, mettendo insieme i «vecchi» partigiani con i giovani e i meno giovani. Così si è definita quella che abbiamo chiamato «La nuova stagione» che ci ha portato a dedicare maggiore attenzione all’esercizio dei diritti, ai diritti umani, ai temi dell’uguaglianza, della libertà, della dignità, del lavoro. Lo dico senza iattanza, siamo l’Associazione più forte, non solo numericamente, tra quelle che si richiamano alla Resistenza. Ma non ce ne facciamo un vanto e siamo sempre felici di collaborare con la Fiap, i Partigiani Cristiani, gli Azionisti e altre Associazioni di combattenti per la libertà. Ci unisce, in ogni occasione, il tratto comune della Resistenza e della Costituzione.

C’è chi pensa però che sia stato un errore aprire ai non partigiani, perché avrebbe permesso a persone ormai tagliate fuori dalla politica di riciclarsi.

Non nego che i nuovi ingressi ci hanno creato, talvolta, anche qualche problema proprio perché non pochi delusi da altre esperienze si aspettavano dall’Anpi cose che sarebbero andate al di fuori delle sue finalità e della sua identità; ma abbiamo sempre cercato di essere un’Associazione pluralista ed abbiamo sempre continuato a pensare che l’Anpi, nell’aprirsi agli antifascisti, ha fatto una cosa sacrosanta, che ci garantirà, nel tempo, la continuità, che è fatta di valori a cui teniamo in modo particolare. D’altronde non consideriamo di avere l’esclusiva né dell’antifascismo né dell’amore per la Costituzione. Anzi, siamo convinti che la collaborazione tra tutti coloro che credono realmente ai valori espressi nella Costituzione, nel rispetto rigoroso della reciproca autonomia, sia un fattore di progresso e di sviluppo, tanto più necessario in un Paese “smarrito”, in cui tanta parte della Costituzione è tutt’ora inattuata e in cui troppi diritti cercano ancora la possibilità concreta di un effettivo esercizio.

Ritiene che oggi la Costituzione sia in pericolo?

La Costituzione merita ed esige più rispetto. C’è troppa fretta e troppa facilità nel metterci mano, senza rendersi conto della delicatezza, non solo dei principi che in essa si esprimono, ma anche del sistema istituzionale e di garanzie che essa rappresenta.Vedo, piuttosto, in pericolo, la rappresentanza e l’esercizio della sovranità popolare, di fronte a provvedimenti in gestazione che ne ridurrebbero gli spazi. Su questo ci siamo fortemente impegnati per evitare qualsiasi sconfinamento rispetto ai valori che si desumono dalla Costituzione, riguardando la convivenza civile e lo stesso modo, per tutti, di esercitare la “cittadinanza” in un sistema di poteri e contropoteri e di garanzie inalienabili e imprescindibili. Confido che con la collaborazione di tutti i cittadini che credono nel civismo e nella democrazia, questi pericoli possano essere sventati e semmai si possa procedere ad un rafforzamento della rappresentanza e della partecipazione che sono, in sostanza, i fondamenti veri di ogni sistema democratico.