Single non sono. Frivola abbastanza. Pronta a tutto, dipende, a volte, in verità… quando mai. Eppure, nonostante il titolo orrendo a dir poco, Single, frivole, pronte a tutto, il volume di Katherine Heiny in libreria mi ha attirato. Esordio, scrittrice americana, storie di donne a New York e il gioco è fatto. Lo comincio a leggere in terrazzo, rinfrescata dalla brezza settembrina. Alla fine delle prime ventiqualcosa pagine scopro che è una raccolta di racconti e mi risento: mi ero già affezionata a Sasha, la giovane amante convocata da Anne, la più matura moglie di Carson, e insultata a dovere in uno squallido bar sulla Amsterdam Avenue; avrei voluto saperne di più. La sera viene a cena il mio amico che suo figlio definisce scherzosamente intellettualoide.

Forzo la mano e gli mostro il libro, forse provocatoriamente. Non crede nemmeno per un istante che possa avere dei meriti letterari: mi maltratta in maniera prevedibile, poi si pente un po’ ma è solo facciata. Certo, la letteratura alta non può nascondersi dietro un titolo e una copertina del genere. Eppure io riesco a riconoscere l’operazione commerciale, il tentativo della casa editrice di acchiappare ingannevolmente quante più fanciulle in cerca di leggerezza, che qui invece non troveranno.

Nei racconti della Heiny il segreto corre sul filo: la fedifraga non teme il giudizio divino né quello del marito, piuttosto si confronta ad armi impari con la precedente amante del suo amante, la vicina di casa cicciottella spettegolona, con cui condivide sesso occasionale del coniugato traditore seriale. La morale non ha potere, è desautorata, quel che conta è la felicità, una disperata, fanciullesca, parziale ricerca della felicità (oltre Muccino e Cotroneo). La morte del cane diviene luogo di incontro potenziale: il veterinario ha un cuore d’oro e gli occhi pure, trattiene la mano rassicurante un poco più del dovuto, porta visita a domicilio senza richiesta.

Il labirinto della vita quotidiana, pieno di trappole e riti e noia e ripetitività, si attorciglia e ruota i tentacoli verso molteplici tentazioni, come rami smossi dal vento autunnale, puoi aggrapparti o continuare a calpestarne le foglie secche cadute a terra. I figli sono amore assoluto, come gli animali domestici, ma non diventano interferenza: più avanti avranno anche loro il loro bel da fare con il cosmo, poverini: la giostra gira gira gira, continua a a girare.

Le protagoniste di queste brevi storie non hanno timore di essere scoperte, sanno gestire con prudenza e raziocinio situazioni imbarazzanti, in bilico, compromettenti: autoindulgono in un amore per se stesse che le protegge da sciocchi giudizi dogmatici: sono donne libere che apprezzano il bello, vogliono mantenere ciò che hanno, sfidano il tempo, gli uomini, la paura; falliscono e si rialzano, sudano e vanno avanti, si guardano, si proteggono, si stimano. Si chiamano Frances Ha (Frances Ha, Noah Baumbach, 2012), non Carrie Bradshaw (Sex and the city, la serie).

Torna a cena l’intellettualoide col figlio adolescente. Sono tentata di dirgli che il libro era diverso, che i suoi pregiudizi erano maschilisti, preconcetti, infondati. Resisto perché so che mi ascolterebbe ma, dentro, continuerebbe a pensare di avere ragione lui.

fabianasargentini@alice.it