Roberto Giachetti c’è, ma i problemi del Pd romano non sono affatto risolti. Dopo l’endorsement di Matteo Renzi a Repubblica tv («È uno di quelli che conosce Roma meglio di chiunque altro, è romano e romanista», ha detto) il vicepresidente della Camera si è preso qualche giorno per preparare il lancio della sua corsa alle primarie del 6 marzo. Giorni che servono anche a far digerire il rospo ai molti, pure renziani, rimasti freddi alla notizia della sua nomination. Non sono entusiasti gli ex consiglieri comunali Pd per i quali un renziano come lui non è una garanzia di essere ricandidati: troppo autonomo, a sua maniera anche lui un marziano rispetto alle intricate logiche del partito locale. Non arrivano grida di giubilo da parte degli ex assessori. Resta incerto persino Riccardo Magi, radicale come Giachetti, che ammette di averci parlato ma anche di «voler riflettere»: peraltro sta raccogliendo le firme sul referendum sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, che invece il Pd fortissimamente vuole.

Ma il vero busillis delle primarie è il nome della minoranza che dovrà sfidare Giachetti: senza alcuna speranza di vincere ma con l’obiettivo di riportare all’ovile tutta quella sinistra – Sel e dintorni – non sintonizzata sulla campagna «autonoma» di Stefano Fassina. È questa la vera operazione in ballo nel Pd romano. A cui, con grande discrezione, lavora da giorni il commissario Matteo Orfini che infatti all’inizio dell’anno ha lanciato un appello alla ’reunion’ della coalizione sulle pagine del manifesto. Marco Miccoli, ex segretario della federazione romana che di Orfini è avversario, lavora allo stesso obiettivo: ieri ha annunciato che la sinistra avrà un suo nome perché «dentro e fuori dal Pd quella parte che ha contestato le modalità con cui stato allontanato Marino potrebbe non riconoscersi nell’eventuale candidatura di Giachetti».

Ma di nomi in grado di attirare «quella parte dentro e fuori il Pd» ancora non se ne vedono: potrebbe essere lo stesso Miccoli; o l’invocatissimo senatore dissenziente ed ex assessore veltroniano Walter Tocci, che continua a stendere ponti in giro per la città ma a escludere un suo impegno diretto; oppure l’ex assessore Paolo Masini, allontanato dalla giunta di Marino. O lo stesso Ignazio Marino: potrebbe tentare una nuova – spericolatissima per la verità – corsa: ed è vero che con lui una parte di Sel non ha mai chiuso il dialogo. Oppure potrebbe spuntare un altro nome fin qui coperto, dell’area di sinistra ma fuori dai ’soliti giri’.

Si vedrà nei prossimi giorni. Intanto ieri sono scesi in campo i big della minoranza Pd. «Tappeti rossi» all’«amico Giachetti» da parte di Gianni Cuperlo, ma sarebbe meglio «un’alleanza civica che metta il Pd al servizio della città, anche rinunciando anche al simbolo del partito». Ma sull’ipotesi si abbatte il niet del vicesegretario Lorenzo Guerini: «A Roma faremo le primarie per candidato sindaco. E una volta scelto, correrà con il simbolo Pd di cui siamo orgogliosi». «Bisogna rimettere assieme il nostro popolo» spiega Bersani invitando la coalizione «a chiudersi in una stanza, scazzottarsi e piangere» fino a trovare una soluzione. Come fra due che hanno litigato ma ancora si amano. Ma il punto è questo: i due, Pd e Sel, ancora si amano?

Ieri Paolo Cento, il coordinatore romano di Sel, lo ha escluso: Giachetti è una «persona stimabile», ha detto, ma «tutta interna al renzismo» quindi con lui l’ipotesi di alleanza «è ancora più lontana di ieri: le primarie di coalizione presuppongono un programma comune per la città che non c’è». Stessa chiusura da parte di Fassina, il candidato sindaco ufficiale di Sel-Sinistra italiana, che ieri ha scritto una lettera agli amministratori municipali che il 23 gennaio al teatro Brancaccio si riuniranno per lanciare un appello unitario.

Il gesto di Fassina è distensivo nelle intenzioni ma duro e rigoroso nei contenuti: «Si insiste sull’alleanza con il Pd nella completa assenza di indicazioni programmatiche» da parte del partito di Renzi. Per questo Fassina lancia dieci proposte, di cui discuterà nella «domenica del programma» il 17 gennaio: dal referendum sulle Olimpiadi al no alla speculazione edilizia intorno al nuovo stadio, al no alla privatizzazione degli asili nido. Tutte cose caldeggiate dal Pd di prima e di ora. Su cui trovare un’intesa a occhio, è impossibile.