Quindici miliardi di euro. Questa è la somma che potrebbe presto arrivare ad Atene dai governi di Russia e Cina.

A rivelarlo, ieri, organi di stampa greci (i settimanali Arfí e Agorá), ma anche il sito web dell’autorevole periodico tedesco der Spiegel.

L’interminabile querelle sull’ultima tranche di prestiti da Unione europea e Fondo monetario (7,2 miliardi) si arricchisce dunque di un elemento nuovo, che dovrebbe rafforzare la posizione negoziale dell’esecutivo di Alexis Tsipras nei confronti delle istituzioni internazionali (la ex trojka), tuttora contrarie a concedere gli aiuti per la solita, immodificabile ragione: «le riforme programmate sono insoddisfacenti». Cioè: non obbediscono ai dettami della religione dell’austerità.

Il denaro proveniente da Mosca sarebbe legato al passaggio in Grecia del gasdotto «Turkish Stream»: forse già martedì i due Paesi potrebbero siglare l’intesa che porterebbe nelle languenti casse del governo ellenico una somma stimata intorno ai cinque miliardi.

Dagli ambienti governativi russi è arrivata una mezza conferma: «nel loro recente incontro – ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskow – Vladimir Putin e Tsipras non hanno discusso di aiuti finanziari, ma hanno affrontato questioni di politica energetica».

Traduzione: «non ci stiamo sostituendo alla Ue come nuovi creditori, i nostri sono affari fra stati sovrani». Naturalmente, entrano in gioco anche delicate questioni geopolitiche: l’eventuale gasdotto consentirebbe alla Russia di rifornire l’Europa senza passare dall’Ucraina.

La stessa idea che era alla base del progetto «South Stream», cancellato lo scorso dicembre per effetto della crisi diplomatica fra Mosca e l’Ue. Da Pechino arriverebbero circa 10 miliardi – riportano i media ellenici – sia come pagamento anticipato per l’utilizzo di alcuni moli del porto del Pireo, sia come investimenti nel sistema ferroviario greco. Un’ipotesi che non deve stupire: Tsipras e il suo ministro delle finanze Yanis Varoufakis hanno sempre detto di non essere a priori ostili a ogni forma di privatizzazione, ma di essere contrari a quelle che si traducono in pure e semplici svendite del patrimonio pubblico.

Scelte certo difficili e controverse (anche dentro Syriza), ma adottate con modalità e scopi ben diversi da quelli conosciuti nel periodo in cui ad Atene era la trojka a dettare legge.

Tra le prime reazioni del mondo politico europeo, quella del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble. «Mi rallegro per la Grecia, se le cose stanno così» ha dichiarato il veterano esponente democristiano (Cdu), in missione a Washington per il meeting di primavera di Fmi e Banca mondiale. «Tutto ciò che aiuta la Grecia va bene». Nel negoziato con la ex trojka, però, non cambia nulla: «I problemi restano, e la Grecia deve continuare nella discussione con le tre istituzioni», ha chiarito Schäuble. Nessun commento – riferisce lo Spiegel online – è venuto invece dalla Commissione europea.