«Basta commemorazioni, ora azioni». Si rivolgono, col solito coraggio, ai vertici dell’Unione europea ma soprattutto all’esecutivo italiano, i genitori di Giulio Regeni che, ricevuti a Bruxelles, parlano davanti alla commissione dei Diritti umani. «Siamo altamente insoddisfatti della situazione attuale – afferma la madre di Giulio, Paola Deffendi – Parlo rispetto al governo italiano, che abbiamo sentito, su nostra richiesta, verso il 25 maggio e poi, nel frattempo, l’8 aprile c’è stato il ritiro dell’ambasciatore. Da quel momento sentiamo un vuoto».

Matteo Renzi cade dalle nuvole, e durante la conferenza stampa seguita al Cdm mostra evidenti difficoltà a rispondere alla domanda di un giornalista che gli riferiva le richieste della famiglia del ricercatore friulano ucciso in Egitto. «Confermiamo che stiamo seguendo la vicenda, è da qualche giorno che non parlo con i coniugi Regeni, non conosco gli ultimi dettagli – risponde titubante il premier – Verificherò lo stato dell’arte e vi faremo sapere, magari io personalmente chiamerò la famiglia Regeni. Confermo però il massimo impegno, massima attenzione e sostegno, perché sulla vicenda di Giulio sia fatta non soltanto luce ma anche chiarezza – si ingarbuglia Renzi, forse un po’ imbarazzato – come abbiamo detto sin dall’inizio e dimostrato».

Non certo rassicurante. Di conseguenza, non convince nemmeno l’Alto rappresentante europeo Federica Mogherini, che durante l’incontro a Bruxelles ha assicurato: «L’Ue sostiene tutte le iniziative che le autorità italiane stanno prendendo».

Parlava di «vuoto», appunto, Paola Regeni. «Ma questo vuoto – ha detto ancora la donna davanti ai parlamentari europei – penso che lo sentiate anche voi, perché più di qualcuno ha detto che bisogna fare qualcosa e fare pressione. Quindi l’Italia, ma ancora di più l’Europa, deve fare delle scelte. Perché quello che è successo a Giulio potrebbe succedere a chiunque».

E allora ecco le azioni che possono e devono prendere il posto delle dichiarazioni di intento: «Chiedo che gli stati membri richiamino i propri ambasciatori – ha esordito Claudio Regeni dopo aver ringraziato il Parlamento europeo per l’approvazione delle risoluzione di condanna delle violenze perpetrate dal regime di Al Sisi – dichiarino l’Egitto un Paese non sicuro, sospendano gli accordi sull’invio di armi, di interforze per lo spionaggio o la repressione interna, sospendano gli accordi economici, facciano un monitoraggio dei processi contro attivisti, militanti avvocati e giornalisti che si battono per la libertà in Egitto e offrano protezione e collaborazione, anche con l’offerta di visti, a chi può offrire notizie alla procura di Roma».

Una pressione collegiale sul regime egiziano sarebbe, sostengono i Regeni, l’unica soluzione non solo per avere un’indagine trasparente sulla morte di Giulio ma anche per fermare la continua violazione dei diritti umani nel Paese. La signora Paola non nasconde segni di insofferenza: «Non ho capito – dice – se l’Italia è ancora amica o no dell’Egitto: non si uccidono i figli degli amici. Tutti mi chiedono “cosa fa il governo, cosa fa l’Unione europea?”. Io penso che i governi sapevano e dovevano avvisare la gente, gli studenti che ancora vanno in Egitto, un Paese considerato ancora sicuro per il turismo. Confermo la nostra richiesta al governo italiano di mantenere il richiamo del nostro ambasciatore – aggiunge – Cantini resti a casa. Ma l’importante è spiegare all’opinione pubblica il perché e cosa sta accadendo in Egitto». E ancora: «Noi anche oggi siamo genitori erranti nelle istituzioni per chiedere verità. Giulio, in qualità di cittadino europeo, doveva essere tra voi, nelle istituzioni Ue, e invece siamo noi qui a parlare di lui».

Sa bene però Paola Regeni che è sempre difficile rompere il muro di omertà che circonda la tortura di Stato: «Abbiamo una documentazione di 266 foto di cosa è successo a Giulio: una vera enciclopedia delle torture in Egitto. Abbiamo anche 225 pagine di relazione sull’autopsia. Non vorremmo mai arrivare a mostrare quelle foto, vorrebbe dire che avremmo toccato il fondo», aggiunge. Il fondo toccato da Ilaria Cucchi, Lucia Uva o Patrizia Aldrovandi.