Negli ultimi anni sembrava che Peter Brook, grande maestro del teatro di fine novecento, elaborasse spettacoli in qualche modo “autoanalitici”, ovvero che servissero soprattutto a lui stesso per mettere a fuoco momenti ed episodi della sua narrazione teatrale. A smentire quella riduttiva sensazione, è arrivato ora in Italia The Valley of Astonishment (dopo la rapida apparizione promossa dallo stabile dell’Umbria al teatro Cucinelli, tornerà in questo mese al Funaro di Pistoia).

La lontana ispirazione del titolo risiede in un poema persiano del dodicesimo secolo, lo stesso da cui Brook aveva tratto trent’anni fa uno dei suoi primi clamorosi successi alle Bouffes du Nord, La conferenza degli uccelli. Tra le sette valli che la migrazione dei volatili deve attraversare, questa è la sesta, appunto quella dove si resta attoniti. Ma il motivo di tale stupore sta in un altro filone attraversato da Brook, quello dei percorsi dentro e attorno al cervello. Ispirati da Oliver Sacks e da altri studiosi di eccelso livello, sono titoli che hanno fatto storia: da L’homme qui (tratto dal caso de “l’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”) fino a Risvegli.

Tre attori in scena con due musicisti. Una scena spoglia e allusiva a molte possibili necessità, dove quelli che si muovono e parlano sono pensieri, riflessioni, ipotesi e piccoli paradossi. Il linguaggio di Brook (che firma il testo assieme a Marie Helene Estienne) è così semplice e comunicativo, benché scientificamente ferrato, da rendere lieve anche questo attraversamento, in cui è il rispetto (e anche la contraddizione, e l’iperbole, e l’esperienza di averlo anche noi attraversato almeno una volta) a lasciarci attoniti. Senza farsi assalire dalla paura e neanche dalla spocchia. Sono piccoli accadimenti quotidiani, piccoli pensieri e ragionamenti che pure hanno la forza di dare una scrollata a mondi consolidati.

Magari di pregiudizio e di presunzione. Il meccanismo fisiologico è inappellabile, e la forza del suo esempio mentre accade, non lascia spazio a dubbi. C’è solo da restare attoniti e riflettere. Facendo tesoro delle verità scientifiche che la neurologia ci scopre, attoniti anche della sua precisione indefettibile.

Poi l’essere umano, con parole ed gesti altrettanto semplici, può sempre metterle in discussione o perfino ribaltarle, e vorrà dire che quell’attonito stupore ha messo in moto processi virtuosi. Proprio come questo piccolo spettacolo, di poche pretese (all’apparenza) ma di grandi verità. Basta aprire l’orecchio e il cuore a quanto gli attori con semplicità ci dicono.