«La Cassazione ha confermato che quella di Carminati e Buzzi è associazione mafiosa». Anche se «Roma non è Palermo, Reggio o Napoli. È troppo grande e complessa per essere controllata da una sola organizzazione mafiosa. Vi sono più organizzazioni criminali, alcune mafiose».

Riafferma la bontà del suo impianto accusatorio, il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone davanti alla commissione parlamentare Antimafia, in audizione per la seconda volta (venne ascoltato anche nel dicembre scorso, all’indomani della prima ondata di arresti per Mafia capitale) a San Macuto. Ma le parole diventano macigni quando l’ex procuratore generale di Reggio Calabria ribadisce che il rapporto saldato tra il “mondo di mezzo” e il “mondo di sopra” che siede nelle stanze del potere romano «è stato diverso con le due giunte capitoline», quella di Alemanno e l’attuale di Ignazio Marino.

«Con la giunta guidata dall’allora sindaco Gianni Alemanno – scandisce Pignatone – si registra l’esplosione del fatturato delle cooperative che ruotavano attorno alla figura di Salvatore Buzzi (ras delle cooperative “rosse”, ndr). Sotto la giunta Alemanno è avvenuta anche la nomina di soggetti graditi al vertice di società partecipate dal Comune». Poi, con la nuova amministrazione di Marino i contatti delle organizzazioni criminali «a livelli alti non ci sono più – continua il procuratore – ma rimane la presenza pesante di Buzzi nel mondo delle cooperative. I rapporti sono diversi ma tutto sommato Buzzi e Carminati erano tranquilli sull’esito delle elezioni: Buzzi e Carminati vantavano di avere candidati amici in entrambi gli schieramenti».

Un’affermazione che se da un lato testimonia l’irreprensibilità del sindaco “marziano” – che infatti immediatamente incassa l’ulteriore prova di «discontinuità» tra sé e il suo predecessore – dall’altro si trasforma in un altro scossone in casa Pd. A maggior ragione quando Pignatone, rispondendo a una domanda diretta della presidente dell’Antimafia Rosi Bindi preoccupata di sapere «quanto possiamo stare tranquilli sulla Regione», annuncia la conclusione delle indagini nei confronti di Maurizio Venafro, ex capo di Gabinetto del governatore del Lazio Nicola Zingaretti, «che prelude – spiega il procuratore – ad un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio per il reato di turbativa d’asta, a meno che nei 20 giorni che il Codice prevede non ci facciano presenti circostanze che facciano cambiare idea».

Quando e perché si forma il sodalizio Buzzi-Carminati, Pignatone non è in grado di dirlo: «Certamente è antecedente alle indagini – spiega – forse qualche elemento interessante potrà venire dal lavoro della Commissione di accesso, con i fatturati delle coop di Buzzi». Cooperative, aggiunge, che «esistevano da prima, così come esistevano le imprese di Carminati. Se però si comportavano in modo illecito noi non lo sappiamo e sarebbero mere illazioni».

Nei suoi rapporti con politici e pubblica amministrazione, la Mafia Capitale, secondo la procura, utilizzava «un sistema molto raffinato, una vera e propria attività di lobbing illecita» per imporre nomine di personaggi vicini in posizioni apicali, oppure anche vietarle. Ma c’è anche «un braccio militare, che cura le estorsioni, l’usura ecc. Ci sono una serie di imprenditori che sono lo strumento essenziale affinché l’organizzazione si possa arricchire».

Ma l’offensiva di Pignatone non finisce qui: il procuratore capo mette anche un dito nella piaga virulenta del mondo cooperativo. «I controlli interni nelle cooperative non hanno funzionato». Poi, addentrandosi nel campo politico, aggiunge: «Forse ci sarebbe da chiedersi se le agevolazioni di cui godono, in generale la simpatia di tutto il mondo che le caratterizza, non meritano una riflessione che sicuramente non compete la procura della Repubblica».

Infine, un’ultima stoccata al controllore esterno: «Non abbiamo ritenuto di contestare reati ai funzionari del Viminale o della prefettura. Poi sull’efficienza o meno dei controlli, noi allo stato non siamo in grado di dirlo».