La notizia della crescita che passa da 0,6% a 0,7% nel 2016 mostra ancora una volta che il Pil italiano può solo cambiare i decimali, non il segno-contenuto dello stesso. La domanda interna è ferma (0,1%), mentre la spesa e gli investimenti pubblici diminuiscono dello 0,3%, facendo ridurre la crescita del Pil. Il taglio della spesa pubblica non doveva far crescere il PIL? C’è qualcosa da ricordare al presidente del Consiglio: il valore aggiunto (congiunturale) dell’agricoltura cresce di 0,5%, nei servizi di 0,2%, ma rimane l’evergreen negativo dell’industria italiana (Made in Italy?) del meno 0,6%.

Alla fine il PIL è fermo. Il governo manifesta certezze e sicurezze incomprensibili, confermando l’ignoranza del potere recentemente illustrata dal maestro Leon. L’analisi dello stato dell’economia italiana è sempre la stessa, con delle aggravanti: confondono produttività di struttura con gli incentivi alla produttività “contrattuale”. È concepibile che aumenti il valore aggiunto di un’impresa tessile, a parità di lavoro, solo per fare un esempio, in ragione della detassazione dei premi di produttività da 2 mila euro a 2.500 euro? È credibile che aumenti la produttività in ragione della riduzione programmata di 3 mld di euro dell’IRES? Vorrei solo sottolineare che stiamo trattando lo stesso valore aggiunto-profitto fiscalmente in modo diverso, non di una crescita del valore aggiunto. Padoan ha una scuola e una formazione sufficiente per spiegare all’ignorante potere che base imponibile, fisco e produttività fanno capo e principi e regole economiche molto diverse. In altri termini, il valore aggiunto e il profitto sono direttamente proporzionale al che cosa si produce e al come si produce in seconda istanza. Nel come si produce c’è l’utilizzo e l’acquisto di beni strumentali. Peccato che nel frattempo i beni strumentali dell’Italia siano tra i più vecchi tra i paesi europei, e quando le imprese rinnovano i beni strumentali il più delle volte sono importati. Oltre al danno anche la beffa del lavoro buono (giovane) regalato all’estero.

L’inversione delle aspettative è fondamentale. Vero, anzi verissimo! Se il cavallo continuerà a non bere, come si usa dire, anche il 2017 sarà un anno da zero virgola o qualcosa in più. L’inversione delle aspettative è decisivo, perché muta il clima di fiducia di consumatori e imprese. Vero, anzi verissimo! Proviamo allora a farci una domanda, e spero che il Ministro Padoan la rivolga alla compagine governativa: se le stime di crescita del PIL sono così basse; se il tasso di utilizzo degli impianti è ancora lontano dal normale utilizzo; se la domanda interna e internazionale scarseggia, con l’aggravante che l’Italia commercia con l’estero sulla base del costo e non dei beni e servizi prodotti; se i prezzi diminuiscono (deflazione), riducendo i margini di profitto, oppure non permettono la sostenibilità del costo degli investimenti fissi; perché l’imprenditore volenteroso e pieno di buone intenzioni dovrebbe aumentare gli investimenti? Dovrebbe farlo in ragione di una riduzione a margine della tassazione? Ministro Padoan, per favore, racconti le lezioni di Caffè, Graziani, Sylos Labini, Leon e Pasinetti, solo per ricordarne alcuni che hanno certamente frequentato, ai ministri del Governo. Altro che sgravi per i nuovi assunti e Jos Act; altro che decimali nel deficit pubblico e nell’avanzo primario. Il Paese è a terra, stremato e senza fiato. Se proprio il governo vuole rilanciare la crescita, almeno non faccia nulla. Ogni iniziativa intrapresa rallenta la crescita del Paese e lo indebolisce. Era difficile fare peggio di altri e illustri personaggi, ma non c’è mai limite al peggio. Renzi ha solo una fortuna: al momento non ci sono candidati alternativi, né di destra, né di sinistra. Vedremo nelle prossime settimane il DEF e cosa accadrà negli incontri europei, ma rimane la sensazione amara dell’impotenza.