Alla vigilia degli scrutini avevano ricevuto l’avviso di sospensione. In venticinque. Capo d’accusa: disobbedienti ai test Invalsi. Per bloccare il provvedimento c’è stato bisogno, nell’ordine, delle proteste dei rappresentanti degli studenti e degli universitari, e poi dell’opposizione di sinistra a Pisa (i consiglieri comunali Ciccio Auletta e Marco Ricci) e di quella toscana, grazie ai candidati alle regionali Andrea Corti e Tiziana Nadalutti di Sì-Toscana a Sinistra.

Alla fine, anche di fronte all’interrogazione parlamentare presentata da Sel, perfino il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone aveva alzato il pollice: «Spero che preside di Pisa ci ripensi e non sospenda i ragazzi che hanno boicottato i test Invalsi. Meglio il dialogo». Concetto declinato a modo suo dal dirigente scolastico dell’istituto per geometri Santoni, che ha comminato comunque ai reprobi un’ammonizione scritta, e due ore di lezione supplementare sui diritti e doveri degli studenti. Tra i doveri, evidentemente, c’è anche quello di non contestare i quiz che dovrebbero accertare la preparazione studentesca. Come se la scuola fosse un programma di Mike Bongiorno.

A denunciare il caso sono stati i coetanei della Rete degli studenti medi: «Ci siamo trovati a far fronte a un grave episodio nell’istituto Santoni. Nei giorni precedenti la mattina di martedì 12, i rappresentanti degli studenti avevano proposto ai ragazzi di consegnare il foglio in bianco in segno di protesta. E questi, oltre ad averlo fatto, hanno deciso legittimamente di cancellare anche il loro codice identificativo, in modo da rendere anonima la prova». L’avessero mai fatto: a parere del preside Marco Salardi, il gesto è valso ai ragazzi l’accusa di danno a proprietà pubblica. Con annesso l’avviso di sospensione generale.

A quel punto le prese di posizione critiche si sono moltiplicate. Abbattendo progressivamente il muro di gomma della comunicazione nel tempo della «buona scuola» renziana. «L’obbedienza non è più una virtù – hanno messo nero su bianco i consiglieri comunali Auletta e Ricci di «Una città in comune-Prc» con Corti e Nadalutti di «Sì- Toscana a sinistra» – lo insegnava don Milani ai suoi studenti per costruire una scuola capace di far crescere dentro quell’idea di scuola pubblica che la nostra Costituzione sancisce all’articolo 34. Per questo riteniamo ingiustificabile la decisione di sospendere gli studenti che hanno deciso con un atto di disobbedienza civile, critico e consapevole, di boicottate i test Invalsi. Ed è pretestuoso, quasi comico, che gli studenti siano stati accusati di danno a proprietà pubblica per aver cancellato il codice identificativo del test”.

Anche i sindacati si sono fatti sentire. Dai Cobas («i quiz non consentono neppure lo sviluppo di un ragionamento. E neppure sono in grado di valutare la qualità dei docenti: al massimo possono valutarne la preparazione, ma non la capacità di insegnare, relazionarsi con i ragazzi, trasmettere il sapere»), fino alla Flc Cgil, che si è fatta anche una domanda scomoda: «Il boicottaggio dei test Invalsi c’è stato anche in passato – ha ricordato Alessandro Rapezzi – perché solo ora le sospensioni? Forse la “buona scuola” si propone di “mettere a posto” i ragazzi?».

Il resto è storia di ieri. Con l’interrogazione annunciata da Nicola Fratoianni di Sel, pisano d’adozione, che ha provocato l’ecumenica risposta del renziano Faraone, e l’autodifesa del preside Salardi: «Non c’è stata alcuna rappresaglia. Abbiamo semplicemente seguito la procedura prescritta dalla legge. E nessuno degli studenti è stato sospeso: il consiglio di classe non ha sanzionato la mancata partecipazione ai test degli studenti ma la vandalizzazione del modulo, con un’ammonizione scritta del preside e due ore di lezione sui diritti e doveri degli studenti». Pronta la replica di Fratoianni: «Il punto non cambia. La questione non sta nell’entità della “punizione” ma nel fatto che si immagini di reagire in termini disciplinari di fronte ad una protesta del tutto pacifica e pienamente legittima. E cancellare il numero di matricola non può essere spacciato per vandalizzazione».