Bersaglio Lula. Per la magistratura, l’ex presidente brasiliano sarebbe il “capo supremo” del sistema di tangenti emerso dall’inchiesta Lava Jato, che indaga sui fondi neri dell’impresa petrolifera Petrobras, controllata dallo Stato. Il pubblico ministero federale, Deltan Dallagnol, ha anticipato alla stampa i termini della denuncia a carico dell’ex operaio metalmeccanico. Secondo il teorema dei giudici, Lula “è il direttore di un’orchestra criminale che ha mosso l’intero schema e la pratica dei reati, oltre a coordinarne il funzionamento ed eventualmente deciderne la paralisi”. Uno schema di affari e politica perpetrato “dallo stesso governo e dallo stesso Partito dei lavoratori”, il Pt fondato da Lula.
Quello di Dallagnol è stato anche uno show politico: dopo aver precisato che il giudizio riguarda “reati specifici” e non la figura dell’ex presidente, ha definito i due mandati di Lula (dal 2003 al 2010) “governi della tangentocrazia”. Ha ricordato anche lo scandalo del Mensalao, scoppiato nel 2005, che aveva già cercato di coinvolgere Lula durante il suo primo mandato. Per il pm, Lava Jato e Mensalao sono “due facce della stessa medaglia” e Lula deve andare in carcere.

Una prospettiva che si fa più vicina. Ora, infatti, tocca al giudice Sergio Moro, il pasdaran di Lava Jato, decidere se dar corso alle denunce. Due mesi fa, Lula aveva ricorso al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite, per denunciare l’accanimento della magistratura nei suoi confronti e indicato Moro come il suo principale “persecutore”. E’ la prima volta che l’ex presidente viene denunciato direttamente per lo scandalo Petrobras: per presunte irregolarità nella ristrutturazione di un attico di lusso a Guarujà, sul litorale di San Paolo, di cui l’ex capo di Stato ha sempre negato la proprietà.

Nel quadro dello stesso filone di indagine, Lula e la moglie, Marisa Leticia, già lo scorso 26 agosto erano stati accusati di corruzione, falso ideologico e riciclaggio. Secondo la polizia, l’intestazione dell’immobile alla società costruttrice Oas sarebbe solo una copertura per nascondere il patrimonio di Lula. L’inchiesta coinvolge anche l’ex presidente di Oas, Leo Pinheiro (già in carcere), e il presidente dell’Istituto Lula (la fondazione intitolata all’ex presidente della Repubblica), Paulo Okamotto.

La Oas avrebbe speso 333.000 dollari nella ristrutturazione dell’appartamento, destinato alla famiglia da Silva, il cui nome non figura però nei documenti di proprietà. Documenti che Lula ha mostrato pubblicamente il 30 gennaio, dicendo di aver utilizzato l’appartamento solo per valutarne la possibilità di acquisto.

I legali dell’ex sindacalista hanno definito quello del pm “uno spettacolo di deplorevole verbosità” e la sua denuncia basata sul nulla. Anche l’ex presidente Dilma Rousseff, deposta a fine agosto da un golpe istituzionale mascherato da impeachment, ha preso le difese di Lula: “E’ evidente – ha detto – che la denuncia serve gli interessi di chi vuole impedire la sua candidatura nel 2018”. Secondo tutte le inchieste, infatti, Lula risulta ancora il più favorito alle presidenziali del 2018, a cui intende ricandidarsi.

Durante l’impeachment a Dilma, l’ex sindacalista ha inviato una lettera a Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, per denunciare i “piani destabilizzanti” in corso in America latina e l’uso delle inchieste giudiziarie a questo fine. A giudicare Dilma, infatti, è stata una maggioranza di deputati e senatori delle destre, pesantemente inquisiti, non certo maestri di etica. Uno per tutti, l’ex presidente della Camera Eduardo Cunha, il potente capo delle chiese evangeliche, considerato un bandito politico, che ora potrebbe andare in carcere per corruzione, tangenti e conti all’estero.

Lo stesso gabinetto di Michel Temer, l’ex vicepresidente sodale di Cunha, ora a capo del paese, ha subito forti emorragie tra i suoi ministri, costretti a dimettersi per corruzione. La piazza continua a contestare il “governo de facto” e i sondaggi indicano che Temer è sgradito alla stragrande maggioranza dei cittadini. Ma non è a loro che Temer deve rispondere. E infatti, sta già svendendo importanti settori del paese: “Incamminerò il Brasile – ha detto – verso una straordinaria apertura all’iniziativa privata”. I primi 25 progetti sono già stati approvati.