Tutto pronto ai nastri di partenza. Dalla sera di mercoledì Podemos ha tredici candidati presidente e tredici liste di aspiranti consiglieri per ognuna delle regioni in cui si andrà al voto il prossimo 24 maggio. Una data da cerchiare in rosso perché potrebbe essere l’inizio di una svolta politica decisiva per la Spagna e l’Europa. Dopo un processo di primarie online gestito con un rigido e trasparente sistema di regole, la proclamazione dei vincitori non ha riservato sorprese. La maggioranza dei candidati è affine alla leadership di Pablo Iglesias, ma non manca una significativa rappresentanza della «minoranza di sinistra» riconducibile a Izquierda anticapitalista, una delle matrici del nuovo partito. Il più noto tra i «non allineati» è Pablo Echenique, attualmente eurodeputato, in lizza per la presidenza della Comunità autonoma dell’Aragón. Di tredici capilista totali, tre sono donne.

Le sfide più importanti, a livello regionale, sono quelle di Madrid e di Valencia: due roccaforti del Partido popular del premier Mariano Rajoy che potrebbero venire espugnate. A guidare Podemos nella Comunidad autónoma della capitale sarà José Manuel López, agronomo 49enne con un lungo curriculum di impegno sociale: una figura poco nota che si troverà di fronte due avversari di peso come l’ex ministro socialista Ángel Gabilondo e l’attuale delegada del gobierno (cioè il prefetto), la conservatrice Cristina Cifuentes. Nella regione di Valencia il candidato presidente sarà Antonio Montiel, 57 anni, funzionario dell’amministrazione pubblica e leader locale della formazione di Iglesias. Un dato curioso: nelle due competizioni-chiave Podemos sarà rappresentata dai più anziani fra i tredici candidati presidente proclamati mercoledì sera: la maggioranza di loro è sotto i 40 anni come la gran parte del gruppo dirigente nazionale. Al di là delle statistiche anagrafiche, emerge come il partito di Iglesias sia certamente il frutto del protagonismo della «generazione senza futuro» degli indignados, ma non sia preda di un vacuo nuovismo giovanilistico. Lo conferma anche il profilo della candidata a sindaco di Madrid, vincitrice delle primarie municipali della scorsa settimana: l’attivissima 70enne ex magistrata Manuela Carmena.

Sulla strada che porta alle urne di maggio ad attendere Podemos ora c’è una prima, impegnativa prova di «maturità politica», che mette un po’ di apprensione nel gruppo dirigente nazionale: cosa fare in Andalusia in occasione del voto d’investitura della presidente in pectore, la socialista Susana Díaz. Che non vede l’ora di poter assistere a un passo falso dei nuovi concorrenti a sinistra. Il Psoe andaluso non ha i numeri, da solo, per eleggere Díaz: se tutti gli altri gruppi votassero «no» alla sua proposta d’investitura si tornerebbe nuovamente alle urne. Una prospettiva «sfascista» che non interessa a nessuno. Ai socialisti – che governeranno in minoranza – serve che Podemos e i liberali di Ciudadanos si astengano nell’elezione della governatrice. I colloqui e le trattative sono in corso: sia Podemos sia Ciudadanos non intendono concedere a Díaz il proprio via libera senza contropartite «vere», ma non vogliono neppure mostrarsi aprioristicamente chiusi al dialogo. E per la formazione di Iglesias trovare il punto di equilibrio non è cosa facile, come è emerso da qualche tensione affiorata fra la leader locale Teresa Rodríguez e la dirigenza a Madrid.