«Conquistare il centro dello scenario politico». Aveva puntato in alto il leader di Podemos, Pablo Iglesias, durante l’assembla costituente che, solo due settimane fa, ha sancito la metamorfosi della formazione da movimento a partito. E ha colto nel segno: lo confermerebbero i sondaggi sulle intenzioni di voto che il País ha commissionato all’istituto di statistica Metroscopia, secondo i quali Podemos sarebbe la prima forza politica a livello nazionale con il 27,7% di consensi.
Un risultato prodigioso, soprattutto per una formazione nata sulla scia del 15M meno di un anno fa, ma già in grado, a quanto pare, di aprire una breccia forse insanabile nel bipartitismo ermetico della Spagna democratica. L’ancien regime, d’altronde, era stato ufficialmente avvisato già alle scorse europee, quando Podemos aveva raccolto dal nulla ben 1,2 milioni di voti (5 eurodeputati). Pur così il sondaggio del País deve aver fatto sobbalzare l’establishment politico: 1,5 punti di vantaggio sul Psoe e addirittura 7 sul Partido popular (Pp), sprofondato nel baratro di una corruzione dilagante ed elevata a sistema.
L’ultimo scandalo – una trama di appalti edilizi truccati emersa negli scorsi giorni e conosciuta come Operación Púnica  – ha travolto la cupola del Pp di Madrid, roccaforte storica dei popolari, e ora, significativamente, avamposto dell’attacco di Podemos al cuore del sistema politico.
Ovviamente, a quasi un anno dalle elezioni generali, i sondaggi vanno presi con le pinze: sui dati incidono di certo l’indignazione per le malversazioni del partito di governo (castigato infatti più del Psoe) e la frustrazione per una crisi che morde ancora forte, nonostante i proclami di ripresa del Pp (il 91% degli intervistati considerano «pessima» la situazione politica spagnola). L’inchiesta, però, ha più valore come fotografia di fine ciclo che come oracolo elettorale: un’istantanea storica che rappresenta con nitidezza il crollo del duopolio Pp/Psoe e soprattutto il trionfo – impensabile fino a pochi anni fa– di una politica di stampo movimentista, di cui la Spagna è laboratorio all’avanguardia a livello europeo. Al di là dei numeri, il sondaggio rivela che Podemos ha saputo tenere fede al suo nome: si può, nella Spagna di oggi, partire dalle piazze per arrivare in parlamento; si possono scuotere da sinistra le strutture anchilosate della vecchia politica.
A patto, però, di non cedere alle sirene di un facile populismo (tentazione in cui Podemos è a volte scivolato) e di riuscire a gestire l’ingombrante figura di Pablo Iglesias, fondatore, ideologo, e figura imprescindibile del partito, con tendenze assolutiste, difficili da conciliare con la vocazione pluralista del partito.
Sarà una delle sfide di Podemos, che da qui alle elezioni politiche dovrà cercare di non cannibalizzare i consensi con lotte interne che potrebbero riversare i potenziali voti sulle altre formazioni di sinistra: prima tra tutte Izquierda Unida, che ha già ceduto moltissimi voti alla formazione di Iglesias Podemos, ma che si trova attualmente nel mezzo di un processo di rinnovazione che promette molto bene.
A destra, invece, il Pp non ha concorrenti, cosicché gran parte del flusso emorragico di voti finisce a ristagnare nel bacino dell’astinenza: lì si giocherà una dura partita, che potrebbe effettivamente decidere l’esito elettorale. Intanto dal quartier generale di Podemos fanno saggiamente appello alla prudenza: «Bisogna considerare i numeri con estrema cautela. Manca un anno alle elezioni: siamo in una fase di transizione e le cose possono cambiare velocemente in funzione degli sviluppi politici.
I numeri in questo periodo hanno una scadenza molto ravvicinata». Numeri che, per ora, immortalano a mezz’aria il sasso che, scagliato dalla fionda di Davide, sembrerebbe diretto alla fronte di Golia. Per sapere se colpirà il bersaglio, bisognerà aspettare fino alle politiche del prossimo autunno.