Strano il destino del ministro della Difesa polacco Antoni Macierewicz.  È lui adesso a sedere alla destra del padre-padrone del paese, quel Jaroslaw Kaczynski che aveva fondato insieme al fratello Lech il partito conservatore di destra Diritto e giustizia (PiS) quindici anni fa.

Dal 1992 Macierewicz è diventato il grande purgatore della società polacca, di quelle anime citate nei documenti della vecchia polizia segreta Służba Bezpieczeństwa. I suoi funzionari erano capaci di montare in pochi minuti un fascicolo utilizzando le cartelle diversi cittadini: era un metodo conosciuto in Polonia come “przesuwanie zrodel“, utilizzato per fabbricare accuse false contro gli oppositori al regime. Ma a Macierewicz questo non è mai importato. Quello che conta per lui è soltanto trovare dei nomi in una cartella, ancora meglio se scomodi.

È il caso dell’eroe nazionale Lech Walesa, sempre più vittima di un linciaggio mediatico in patria, orchestrato dall’Istituto polacco per la memoria nazionale (IPN). Eppure, Walesa e Macierewicz avevano condiviso molte battaglie ai tempi di Solidarnosc. Il falco del PiS a quei tempi era un osso duro, forse anche più di Walesa. La sua fuga da un carcere durante la legge marziale è ancora sufficiente a scaldare i cuori dell’elettorato teo-con che ha permesso al PiS di prendere le redini del paese da ottobre scorso.

Proprio il grande purgatore fu uno dei fondatori del Comitato di difesa degli operai (KOR), un collettivo fondato dal basso per aiutare le famiglie degli oppositore al regime dopo l’ondata di scioperi del 1976 per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Le proteste avevano avuto il proprio epicentro a Radom, un’anonima città di provincia situata 100 km a sud di Varsavia oggigiorno sempre più vittima della disoccupazione.

Dire che senza il KOR non sarebbe nato il primo sindacato libero dei paesi del blocco sovietico è un’affermazione lapalissiana. Al contrario di Walesa e di molti altri dissidenti, Macierewicz non aveva voluto un posto a sedere durante gli accordi della Tavola Rotonda, segno di divergenze ormai insanabili con la dirigenza di Solidarnosc.

Poi il grande tradimento che si sarebbe consumato nei primi della transizione al capitalismo durante la “notte delle cartelle” tra il 4 e il 5 ottobre 1992 che avrebbe fatto cadere il governo di Jan Olszewski. Nel voto di sfiducia al premier polacco c’era lo zampino di Macierewicz, allora ministro dell’Interno, che aveva consegnato alle più alte cariche del paese due lettere contenenti una lista di politici che avrebbero collaborato con l’SB. Nella seconda delle due missive venne fatto anche il nome di Walesa.

La prima campagna di lustracja a Varsavia servì definitivamente a rompere con la dottrina della gruba kreska (in italiano “grossa linea”), quella politica di rottura con il passato annunciata dal premier Tadeusz Mazowiecki dopo le trattative “a tavola” alle quali l‘intransigente Macierewicz non aveva voluto saperne di partecipare. Lustrare e diffamare gli avversari per il tornaconto personale e di quello dei propri alleati: una formula vincente quella del falco del PiS che sembra funzioni oggi più di ieri.

Da allora il grande purgatore continua a moltiplicare sospetti e accuse come pani e pesci nel proprio paese. In seguito alla sconfitta elettorale del 2011, il gruppo parlamentare del PiS ha aperto una contro-indagine voluta dallo stesso Antoni Macierewicz per screditare il lavoro della commissione d’inchiesta sull’incidente aereo avvenuto il 10 aprile 2010 vicino a Smolensk, nel quale perse la vita l’allora Presidente polacco Lech Kaczynski insieme a oltre novanta persone. Secondo Macierewicz, l’incidente aereo è stato un episodio di “terrorismo di Stato”, che farebbe parte del piano di “espansione militare russo” in Occidente.

Le tesi complottiste e russofobiche che parlano di materiale esplosivo a bordo e attentati orchestrati da Putin sono state raccolte in un libro bianco che raccoglie 17 teorie sulle possibili cause della catastrofe. L’ipotesi che l’incidente possa essere stato causato da una scelta sbagliata del pilota del Tupolev 154 è esclusa dalla pubblicazione di Macierewicz, ça va sans dire.

A distanza di cinque anni da quella strage, soltanto un quinto dei polacchi crede che le circostanze della strage siano state davvero chiarite. Sono loro il nocciolo duro dell’elettorato del PiS che ha permesso al partito dei fratelli Kaczynski di disarcionare il partito di centro destra Piattaforma civica (Po) dell’ex-premier Tusk durante l’ultima tornata elettorale.

Ma adesso il falco del PiS, nominato ministro della Difesa dalla premier Beata Szydlo ha deciso di alzare il tiro. Prossima tappa il vertice dei membri del Patto Atlantico, in programma l’8 e 9 luglio 2016 proprio a Varsavia. Fino ad ora il ministro polacco si è mostrato fin troppo aggressivo nei confronti dei suoi alleati. A dicembre scorso infatti Macierewicz e i suoi fedelissimi si sono resi protagonisti in patria di un raid in un centro di controspionaggio affiliato alla NATO.

Poco importa, il governo polacco che farà gli onori di casa chiederà insieme ai paesi baltici al Segretario Generale Jens Stoltenberg una maggiore presenza militare nelle regioni al confine con la Russia. Varsavia non sembra per nulla interessata ad un mero potenziamento della forza di risposta rapida degli Alleati come discusso in occasione dell’ultimo summit NATO a Newport in Galles.
L’obiettivo e quello di mettere insieme 4 battaglioni composti almeno da un migliaio di soldati che si alternino a rotazione sui territori interessati. Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna hanno già dato la loro disponibilità. Resta da capire l’impegno della Francia, indispettita per il mancato acquistato da parte della Polonia degli elicotteri Caracal, come era stato convenuto con l’Eliseo dal precedente governo Po. Pochi dubbi che il padrone di casa farà la voce grossa con i rappresentanti degli 27 paesi membri della NATO.