Circa duemila turisti in coda sotto il sole all’ingresso degli scavi di Pompei ieri mattina, per la protesta di Fp-Cisl, Filp e Unsa che si sono riuniti in assemblea dalle 9 alle 11, avvisando la soprintendenza solo a cose fatte. Una riunione con le sigle sindacali c’era stata giovedì: il sito era rimasto aperto grazie ai custodi provenienti dall’Ales, società in house del ministero dei Beni culturali, che ha distaccato 30 unità a Pompei. Una nuova assemblea ieri era stata cancellata, ma una parte del sindacato ha deciso di bloccare di fatto gli ingressi.
Il soprintendente Massimo Osanna è riuscito a sopperire utilizzando i funzionari, ma i cancelli si sono aperti solo alle 10.20. Le foto dei turisti in fila hanno innescato una pioggia di critiche. Antonio Pepe della Cisl ha replicato: «Allora la nostra sarà una “protesta al contrario”, anziché restare chiusi lavoreremo di più e pagati di meno. Vediamo se così il Mibact ci darà ascolto».
Il senatore Pd Andrea Marcucci ha chiesto sanzioni per lo sciopero selvaggio, mentre Gasparri l’ha definito una «vergogna totale». Il M5S ha sottolineato che «il Grande Progetto Pompei sta ancora aspettando le risorse umane che governo e Mibact avevano promesso. Se il sito lavora sotto organico, questi sono i risultati».
Il ministro Dario Franceschini parla di danno incalcolabile all’immagine degli scavi, mentre per Osanna «la chiusura dei cancelli è stata un colpo basso e un comportamento irrispettoso nei confronti dei turisti, nonostante la massima disponibilità a venire incontro ai sindacati».
Le sigle sotto accusa si difendono. Giuseppe Visciano dell’Unsa spiega: «Stasera, in coincidenza dello spettacolo di Roberto Bolle, dovevamo fare un’assemblea, non appena abbiamo saputo dai media dell’arrivo dell’étoile, l’abbiamo revocata. C’è una grave mancanza di personale, ma protestiamo anche per la mancata retribuzione delle competenze accessorie che ci spettano, ovvero le ore di lavoro domenicale, pomeridiano o notturno. Ci sono i ragazzi che sono stati presi dall’Ales, ma perché non fanno un concorso pubblico al quale possono partecipare tutti?». In quanto poi al recupero del sito, «se avessero preso 50 o 60 restauratori, avremmo avuto risultati migliori. Stanno mettendo in sicurezza i muri, ma abbiamo bisogno soprattutto di restauratori».
La Fp-Cisl nazionale ieri ha preso le distanze dalla protesta dei suoi iscritti, tuttavia ha precisato: «Franceschini fa finta di non capire che senza un vero coordinamento fra ministero, sovrintendenze e segretariati regionali e senza una nuova organizzazione il sistema Mibact non sarà mai all’altezza del nostro patrimonio culturale. Abbia il coraggio di aprire il confronto con i sindacati».
Se l’assemblea di ieri ha avuto un effetto così forte è perché Pompei va avanti con pochissimo personale. Nel 2014 ci sono stati 2.668.178 ingressi, il dato più alto degli ultimi 15 anni. Nei primi sei mesi del 2015 siamo già a 1.330.619 (il 14% in più dello stesso periodo dell’anno precedente) e un incasso di 10.965.802 euro (21% in più). I custodi però restano 136 divisi in tre turni (25 a turno) per 44 ettari scoperti su 66 totali. A Ercolano i custodi sono solo 36 (da 5 a 7 a turno), su 4 ettari e tre ingressi da sorvegliare. Basta che uno abbia la febbre per provocare la chiusura del sito.
A Pompei sono arrivati i rinforzi: 30 unità dall’Ales, pagati con contratti a termine del settore servizi e non beni culturali. La società in house del ministero, si legge in una interrogazione presentata dal parlamentare Luigi Gallo del M5S, «è stata costituita nel 1998, al fine di dare occupazione ai Lavoratori socialmente utili (oltre 400 unità) di alcune società dismesse nelle regioni Lazio e Campania». A Pompei rispondono a un funzionario Ales, differente dagli altri custodi.
«Abbiamo tavoli aperti a Roma e sul livello locale perché la situazione è insostenibile – spiega Gaetano Placido, della Cgil – non ci vengono corrisposti i festivi perché il ministero dell’Economia ritarda i pagamenti». Ieri i sindacati hanno organizzato sit in all’ingresso delle sedi Mef in tutta la penisola. «Non si fanno concorsi – prosegue – ma il Mibact utilizza fondi pubblici per pagare l’Ales, inviando personale che dovrebbe avere funzioni di supporto e invece lavora in sostituzione. La Cgil non vuole bloccare gli ingressi a Pompei, ma di questo passo ci sanno proteste in tutta Italia».