Il governo procede spedito verso la privatizzazione delle Poste, tra le preoccupazioni dei sindacati – che chiedono garanzie per i lavoratori – e quelle dei consumatori, che di recente hanno visto ridursi i servizi universali di corrispondenza con la decisione di procedere, in alcune zone, al recapito a giorni alterni. Ieri il cda e poi l’assemblea hanno approvato la domanda di ammissione alla quotazione alla Borsa Italiana, varando nel contempo il nuovo statuto che entrerà in vigore con la quotazione. Intanto Poste ha raddoppiato gli utili nel primo semestre: risultati «molto positivi», ha commentato il premier Renzi.

L’utile del semestre è volato a 435 milioni di euro, contro i 222 milioni dello stesso periodo dello scorso anno, mentre i ricavi ammontano a 16 miliardi (+7%). Il comparto assicurativo registra ricavi in aumento del 10,9% a 11,2 miliardi, il finanziario per 2,9 miliardi. I due settori hanno più che compensato l’attesa flessione dei ricavi per corrispondenza (-6,5% a 1,9 miliardi; -11.8% i volumi). Cresce però il comparto pacchi (ricavi +4,4% rispetto al 2014 e pari a 280 milioni). I servizi postali e commerciali, nel loro insieme, registrano una perdita operativa di 89 milioni (contro quella di 36 milioni del primo semestre 2014).

Matteo Renzi ha definito le recenti attività del gruppo «una operazione di vera spending review, perché con la modifica del servizio universale, all’avanguardia in Europa, otteniamo un risparmio da 100 milioni l’anno per il contribuente» (il riferimento è al recente provvedimento dell’Agcom che ha introdotto il recapito a giorni alterni fino a un massimo del 25% della popolazione in particolari zone).

La società guidata da Francesco Caio quindi si prepara a fare il suo ingresso in Borsa: porterà sul mercato una quota fino al 40% entro l’anno (per un incasso stimato di circa 4 miliardi). L’attesa è adesso per la bozza del prospetto informativo (filing), che dovrebbe arrivare alla Consob entro la prima decade di agosto, mentre per la quotazione vera e propria si dovrà aspettare probabilmente la fine di ottobre.

«Per evitare danni economici e sociali irreparabili, il processo di privatizzazione di Poste Italiane deve essere sottoposto ad alcune essenziali condizioni – avverte il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo – Occorre, innanzitutto, garantire l’unicità del gruppo e impegnarsi, pur in una logica di flessibilità, al mantenimento dei livelli occupazionali. Condividiamo l’intento di puntare a un azionariato diffuso e a una democrazia partecipata dei lavoratori».

Poste – conclude Barbagallo – «è un naturale collettore dei risparmi delle famiglie italiane: è logico che proprio le famiglie, attraverso il meccanismo della public company, ne diventino i naturali proprietari, mettendo peraltro l’azienda al riparo da eventuali scalate ostili, dallo spacchettamento e da conseguenti azioni di sciacallaggio. Tutto ciò richiede un confronto tra impresa, sindacati e governo: chiediamo dunque che il ministero dell’Economia convochi a breve il sindacato e attivi un tavolo»