Ambienti caratterizzati da un abitare storico, stratificato, che nel passaggio del tempo mostra la sua forza ma anche la sua vulnerabilità. Su questo dobbiamo lavorare, chiedendo che sia affrontato seriamente il vero problema irrisolto: il rapporto tra la società contemporanea e il patrimonio storico artistico, non solo quale testimonianza del passato ma espressione identitaria dei luoghi e delle comunità.

Il territorio colpito è la parte centrale dell’asse viario che collega Roma con Ascoli Piceno. Borghi storici, posti lungo l’antica via Salaria, connotati per essere i riferimenti amministrativi e sociali di una complessa articolazione di piccolissime frazioni dislocate in tutta l’area. Sistema di presidio territoriale che non interessa più da tempo l’economia attuale con i fenomeni di spopolamento che conosciamo tutti. Luoghi quindi poco abitati, se non nel breve periodo estivo, dove vi è un ritorno ai posti dell’infanzia da parte di molti, ma anche un rinnovata vitalità turistica il cui incremento in questi anni ha dimostrato si possa realizzare un’altra economia per queste zone.

Oggi appare tutto cancellato da un dramma che si ripete e trova unicità nella singolarità delle storie delle persone che lo vivono. Prematuro fare valutazioni ma soprattutto sbagliato sarebbe farsi prendere di nuovo dall’impulso emotivo che dimostra sempre la grande capacità italiana a reagire di fronte a queste disastrose emergenze e l’immaturità di operare seriamente in prevenzione affinché l’inevitabile evento calamitoso non si trasformi in tragedia.

Così come sarebbe un grande errore pensare che il problema sia la scarsa resistenza dei manufatti storici e non la mancata verifica del loro stato, gli erronei interventi nel tempo, la scarsa manutenzione e soprattutto la completa assenza di una cultura della sicurezza.

È urgente, laddove non sia possibile operare per l’adeguamento sismico date le caratteristiche complesse dei nostri borghi, investire nel miglioramento sismico con interventi puntuali. È chiaro che tutto ciò impone competenze e preparazione, in un paese dove tutti fanno tutto, dove l’impresa costruttrice orienta le scelte. Più semplice e più facile è costruire il nuovo, così come è più semplice introdurre banalmente la tecnologia in cemento armato nei sistemi murari. Chi lavora come tecnico si scontra quotidianamente con il completo disinteresse dei politici, degli amministratori ma anche, purtroppo, delle stesse comunità affinché si operi per la messa in sicurezza. Non è più pensabile credere che sia un fattore fortuna. Piccoli e mirati interventi, la manutenzione dei componenti che costituiscono l’involucro dei manufatti, la cura del patrimonio, il «Fascicolo del fabbricato» sono elementi che possono riempire il termine «prevenzione».

Evitiamo che anche questo termine diventi di consumo come è accaduto con altre parole svuotate di significato, iniziamo a dare contenuto con azioni concrete.

Il museo quale «istituto al servizio e della società e del suo sviluppo» può essere un strumento educativo importante sia per incidere sul cambiamento degli stili di vita delle comunità introducendo una nuova cultura della sicurezza, sia per essere un punto di riferimento di competenze e professionalità ad uso del territorio. Da tempo si chiede di occuparsi del territorio e dell’ambiente in tutte le sue componenti e declinazioni, paesaggistiche, fisiche, idrogeologiche e alla naturale predisposizione di molte parti dell’Italia ad essere colpiti da eventi calamitosi.

Molte sono le disponibilità pervenute in questi ore dai colleghi museali italiani e di tutto il mondo ma è prematuro in questa situazione qualsiasi organizzazione. Dare un contributo è possibile solo considerando alcuni fattori importanti.

La priorità della salvezza delle persone e il loro stato di benessere rispetto alla grave situazione in cui versa il patrimonio culturale, poiché, ancora si stanno cercando nelle macerie possibili sopravvissuti.

Il sistema nazionale di protezione civile la cui operatività, normata da specifiche leggi, è stata da tempo testata. Ciò impone il rispetto delle catene di comando, come sa bene chi si occupa di emergenza, altrimenti si rischia di aumentare i problemi di gestione, di disperdere risorse indispensabili nelle fasi successive . Vi sono ora presenti nella zona mezzi e soccorritori venuti da tutt’Italia fermi in attesa di indicazioni.

La costituzione da parte del Mibact, a partire dal terremoto del 2012 dell’Unita di Crisi Regionali: unico riferimento per agire sul patrimonio culturale. Le unità regionali che già allertate potranno entrare in azione solo terminata la fase di primo soccorso e garantita la sicurezza degli abitati.

La presenza di un sistema di volontariato accreditato in Italia che in questi anni ha addestrato squadre specializzate in beni culturali e che da tempo opera con esercitazioni mirate: i tanti volontari che si stanno muovendo da tutta Italia non potranno quindi essere d’aiuto ma d’intralcio se non rispettano le norme.

Cosa fare ora? Il senso delle memorie che i nostri musei custodiscono è nel rigenerarle. Introduciamo da subito orizzonti che costruiscano una maggiore consapevolezza di cosa significhi il rischio presente in ogni azione dell’agire umano e soprattutto ritorniamo alla «cura» di noi , delle cose che ci circondano, dei nostri ambienti di vita.

*consigliere Icom coordinatore della commissione sicurezza musei – vive nelle Marche in provincia di Ascoli