Gaetano Azzariti
ll ceto politico italiano ha perduto il suo onore in occasione della mancata elezione del nuovo presidente della Repubblica. La supplica a Napolitano di accettare di rimanere in carica per un nuovo mandato fu la certificazione del collasso dell’intera nostra classe dirigente e dell’incapacità di progettare autonomamente un futuro in assenza di un «padre». Se ci si volesse riscattare da lì si dovrebbe ripartire, non per riavvolgere la storia, ma per cambiarla. Stefano Rodotà e Romano Prodi erano le candidature che avrebbero potuto cambiare la nostra storia. Allora non si ebbe il coraggio, la voglia, la lungimiranza. E oggi?

Alberto Burgio
Con ostinazione torno a candidare Altan. Perché vede la verità di questo paese, e la dice. Penso anche a Corrado Stajano, figura schiva e saggia, testimone di un’Italia civile che rischia di scomparire.

Lorenza Carlassare
Ho un solo nome da proporre, Stefano Rodotà che eleverebbe il tono delle nostre istituzioni, ora assai basso. Uomo di cultura e di sicura moralità, ha anche conoscenza della politica e del suo funzionamento. Cosa indispensabile per un presidente che in quell’ambiente deve muoversi.

Giuseppe Di Lello
Sabino Cassese, giurista e garante della Costituzione senza compromessi (famosa la sua «senza oneri per lo Stato vuol dire senza oneri per lo Stato» sul finanziamento alle scuole private). E la professoressa Lorenza Carlassarre per le stesse ragioni. Sono convinto però che i due non accetterebbero, proprio perché la presidenza della Repubblica comporta una certa dose di compromessi giornalieri.

Angelo d’Orsi
Il mio primo candidato è Roberto Scarpinato: non soltanto un difensore della legalità, da quella fondamentale rappresentata dalla Costituzione repubblicana, all’insieme di leggi che esistendo non vengono rispettate, per proteggere i deboli, gli schiacciati, gli umiliati; non soltanto il nemico più vero e rigoroso della mafia, che qualcuno oggi dichiara che «non ha vinto», e invece prospera, sempre di più; non soltanto un magistrato in prima linea, sottoposto a minacce d’ogni genere, assai concrete; ma un vero studioso, una persona che abbina quotidianamente la ricerca scientifica (a carattere economico, storico e socio-politologico) all’azione, e che da magistrato ha lavorato sulle connessioni internazionali delle grandi organizzazioni criminali, ma anche sugli altri fronti, quello istituzionale, politico, e dei Servizi deviati, nonché quello economico, dei «colletti bianchi». Un uomo come Scarpinato a capo dello stato sarebbe la migliore garanzia per restituire alle istituzioni credibilità e trasparenza, e avvierebbe una nuova stagione da tutti i punti di vista. Il secondo candidato è Luciano Gallino: lo so, ha una certa età (è del 1927, dunque ne ha 87), ma ricordiamo che nel 2013 fu rinnovato il mandato presidenziale a un signore che di anni ne aveva, allora, 88. Eletto presidente, Gallino potrebbe anche rinunciare dopo un periodo iniziale, se avvertisse il peso degli anni, e basterebbe credo a imprimere un segno di serietà, di rigore, e di competenza autentica alla più alta carica dello stato. Gallino è un professore, il maggior sociologo italiano, ma è anche in grado, più di chiunque altri, di capire e svelare i segreti o pseudo segreti dell’economia, e da liberale autentico si è trovato all’estrema sinistra, senza sceglierlo, in quanto sono i liberali che si sono rivelati di destra, spesso estrema. Uno specialista di capitalismo finanziario, potrebbe finalmente far conoscere la verità al popolo, insomma. Che di verità ha bisogno, contro le menzogne dei potenti, gli inganni delle leadership politiche, gli imbrogli dei finanzieri.

Carlo Freccero
Scelgo Stefano Rodotà per andare contro l’usanza tutta italiana di mettere l’uomo sbagliato al posto giusto. Rodotà è iperqualificato essendo costituzionalista e professore di diritto. In alternativa propongo Barbara Spinelli che mette insieme valori forti quali il femminismo, la sinistra e l’europeismo.

Alfio Mastropaolo
Scegliere un nuovo presidente della Repubblica? È un bel problema. Servirebbe un Pertini, per riavvicinare le istituzioni al paese. Ma senza esagerare. Perché anche lui fu strumentalizzato nella possente corrente critica nei riguardi dei partiti che ci ha cacciati nel pasticcio in cui ci troviamo. Servirebbe una figura che non fosse logora da troppo lunga permanenza sulla scena pubblica, uno di adamantina fede democratica, ma pure dotata di esperienza. In più, un pizzico di realismo non guasta: ci vorrebbe uno che il Pd votasse senza imboscate. Quindi non uno troppo esposto criticamente nei confronti del leader maximo. Siamo sinceri, una figura simile manca. Ci sono molte donne e molti uomini di qualità, ma una/o che riunisca tutti questi requisiti, dove la/lo si trova nella nostra vita pubblica? La riserva della Repubblica è deserta. Butto lì due nomi: Elena Cattaneo, che ormai un po’ di esperienza se l’è fatta, e Guido Rossi. Hanno però entrambi un vizio gravissimo. Sono troppo indipendenti.

Ugo Mattei
Stefano Rodotà non lo voto più, per disaccordo politico su come ha perso la clamorosa occasione della volta scorsa, non cogliendo la natura costituente della partita. Provo questa volta nell’ ordine Rosy Bindi e Gustavo Zagrebelsky. Entrambi perché dotati di esperienza e cultura. Inoltre hanno dimostrato coraggio. Gustavo parlando chiaro dell’attuale inquilino del Colle e Rosy non allineandosi all’odioso dittatorello del suo partito.

Livio Pepino
So benissimo di proporre due candidature impossibili (e dunque non mi preoccupo neppure di accertare l’età dei miei candidati). Ma impossibile non significa inutile. E, dunque, propongo una donna e un uomo rappresentativi di due periferie che stanno ai capi opposti del paese. Non per essere originale ma perché i fatti dimostrano anche ai ciechi che il centro è ormai irrimediabilmente morto e che solo dalle periferie può venire qualcosa di vitale (per carità, non di nuovo…). E allora i nomi: Giusi Nicolini (sindaca di Lampedusa) e Luca Mercalli (metereologo valsusino No Tav). Non credo di dover spiegare che cosa significano!

Andrea Pertici
Scegliere il presidente della Repubblica non è (quasi) mai stato facile. Ma questa volta sui grandi elettori grava la responsabilità di cercare di recuperare, anche attraverso questa scelta, un po’ di credibilità tra i cittadini. Perché la lontananza di questi ultimi dalla politica è sempre più evidente e ogni passaggio elettorale lo conferma. Per questo serve una persona con un profilo internazionale autorevole e una solida esperienza istituzionale, che le consenta di svolgere con sicurezza le delicate funzioni che la Costituzione attribuisce al Presidente. Il cui ruolo di garanzia diviene – a differenza di quanto si sente ripetere nelle ultime settimane – tanto più rilevante in presenza di un rafforzamento degli esecutivi (cui le riforme costituzionali ed elettorali mirano da anni). In questo momento serve però anche una persona che goda di una sicura credibilità politica presso i cittadini, conquistata svolgendo le funzioni pubbliche con disciplina ed onore (come l’articolo 54 della Costituzione richiede) e dedicandosi con concretezza a grandi questioni di interesse pubblico, anziché a tattiche politico-partitiche. Si tratta di caratteristiche che paiono ben riconoscibili in due persone che pure hanno storie differenti, i cui nomi potrebbero vedere la convergenza di uno schieramento trasversale, non certo unanime, comunque ampio: Emma Bonino e di Romano Prodi.

Michele Prospero
Non propongo nomi. Ritengo sbagliato creare un qualsiasi clima di opinione attorno a un candidato per la presidenza della Repubblica. Il parlamentarismo è già debole, e se ancora resiste è per miracolo. Non è quindi il caso di aggiungere altre munizioni utili ai presidenzialisti, che sono forti e torneranno alla carica nella prossima legislatura. Faccio solo un ragionamento. L’identità del prescelto per il Colle dipende dalla maggioranza presidenziale che si persegue. E soprattutto dal desiderio o meno di andare subito al voto. Per evitare che emergano i cocci della sua azione, Renzi vorrebbe le urne. E quindi non è pregiudizialmente ostile ad una maggioranza che guardi ai grillini. E che comporterebbe la fine della legislatura. Ma alle urne si può andare solo con la legge della Consulta e non con il pasticcio dell’emendamento che reintroduce il Mattarellum (non è immediata l’applicabilità della legge elettorale, occorrono alcuni mesi solo per la revisione di collegi disegnati sulla base del censimento di venticinque anni fa; inoltre c’è la piccola questione dello scorporo e delle liste civetta, e la più grande questione della completezza dell’organo e dei deputati all’estero). Quindi alle urne non si può andare con la legge più conveniente a Renzi. Il quale sarà costretto a estrarre una figura che non sia troppo il frutto del patto del Nazareno e che non rompa con i grillini. Si illudono le minoranze del Pd se vedono in questo uno spazio per partecipare ai giochi, con un loro nome o con la rievocazione del fondatore dell’Ulivo. C’è una figura che sia in continuità con il presente assetto quirinalizio, che garantisca la maggioranza di governo e il patto del Nazareno senza urtare con il M5S? Bisogna vedere se e come saliranno le quotazioni di Sabino Cassese.

Andrea Pugiotto
La Costituzione vieta candidature ufficiali al Quirinale. Comporterebbero programmi contrapposti, mentre il solo programma possibile per un presidente della Repubblica è scritto nella trama costituzionale e nella dinamica di una corretta forma di governo parlamentare: garantire l’unità nazionale e il pluralismo politico. Operando – quando necessario – come freno e contrappeso alla maggioranza politica del momento, attraverso le prerogative e gli atti formali che la Costituzione gli mette a disposizione. Se così è, la scelta deve cadere su nomi la cui storia personale testimoni le caratteristiche necessarie per esercitare al meglio un ufficio così cruciale: autonomia, indipendenza, rettitudine, equilibrio, caparbietà, esperienza politica, competenza giuridica, apertura al mondo. Ne vedo solo due, e l’ordine non è per me alfabetico: Emma Bonino, Stefano Rodotà.

Marco Revelli
I miei due candidati ideali per la presidenza della Repubblica sono Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky perché sono quelli che con miglior titolo, maggiore capacità e assoluta dignità possono onorare il principale compito istituzionale di un presidente: essere il «custode della Costituzione» e, con questa, dei nostri diritti. Già la volta scorsa li avrei desiderati al Quirinale (e se uno di loro ci fosse arrivato non saremmo certo nella grave emergenza democratica attuale!), ma dopo le reprimende renziane nei confronti dei «professoroni» li indico con ancor maggior convinzione e un personale piacere.

Gianpasquale Santomassimo
Rispondo alla domanda rinunciando a libri dei sogni e a preferenze personali, ma con un pronostico realistico, indicando i nomi di Pierluigi Castagnetti, come esponente dignitoso di un’area culturale e politica tradizionalmente vista in alternanza rispetto alla presidenza corrente, e quello di Pietro Grasso, come carica istituzionale spendibile in caso di impasse. Non sono nomi che destano entusiasmo, ma ce ne sono di molto peggiori che potrebbero emergere.

Mauro Volpi
Proporrei Gustavo Zagrebelsky per la serietà e l’altissima qualità del suo impegno scientifico e culturale e per aver esercitato un’importante carica di garanzia come quella di presidente della Corte Costituzionale. Ed Emma Bonino per l’impegno manifestato nell’attuazione dei diritti civili e nel rispetto della legalità costituzionale.