Gli occhi dei creditori internazionali, dei mercati e ovviamente di tutti i greci sono puntati oggi sull’ elliniko koinovulio, il parlamento greco, dove stasera si vota per l’ elezione del presidente della Repubblica, ma in realtá per dire sì o no all’ operato dell’ attuale governo di coalizione e all’applicazione di nuove misure imposte dalla Troika (Fmi, Ue, Bce) per far fronte, come viene sostenuto, al buco del bilancio per il 2015.

Una settimana dopo l’ annuncio di elezioni presidenziali anticipate, una mossa a rischio ma obbligata per Antonis Samaras, i conti continuano a non tornare per la maggioranza governativa. Applicando la strategia della paura nel tentativo di scongiurare una grande sconfitta per il suo governo e a convincere chi ancora dai parlamentari non ha deciso su cosa votare, il premier greco sta giocando su trappole del tipo «con la stabilitá oppure con il caos», senza tener conto che in questo modo é proprio lui a creare un clima di polarizzazione negativo per l’ intero Paese. Forse – e questo non é da escludere – perché Samaras in fondo ha giá deciso di lasciare la “patata bollente” del debito e delle trattattive con la Troika (Fmi, Ue, Bce) al leader del Syriza, Alexis Tsipras, vincitore delle prossime elezioni, secondo tutti gli sondaggi.

«Oggi in Grecia è in corso una battaglia di democrazia e di verità», ha scritto il premier greco in un articolo pubblicato sul settimanale Real News, accusando Syriza di riportare «il Paese verso nuovi memorandum proprio nel momento in cui stiamo per uscire definitivamente dai vecchi» e invitando soprattutto i parlamentari indipendenti e quelli del partito di Sinistra Democratica (Dimar) e di Greci Indipendenti (Anel) a votare «secondo coscienza».
La risposta é stata immediata da via Koumoundourou, dove si trova il quartier generale di Syriza. Tsipras, riferendosi alla strategia della paura, che sta raggiungendo livelli insostenibili, non ha escluso l’eventualitá che «certi uomini d’ affari, amici del premier, faranno espatriare apposta capitali» per creare un clima di panico e di paura. Syriza, infatti, sa benissimo – avendo ricevuto una buona lezione nelle elezioni del 2012 – che la strategia della paura promossa dal governo avrá un ruolo determinante non soltanto stasera nella aula parlamentare, ma anche nel voto delle elezioni prossime. Non a caso secondo i sondaggi, il 57,8% degli intervistati ritiene che sia tornato il rischio dell’ uscita del Paese dalla zona euro, nonostante nessuno lo voglia.

Le urne aprono alle 18.00 (ora italiana), ma si sa già che l’esito della prima votazione sarà negativo. Secondo la costituzione greca nelle prime due votazioni (la seconda è stata programmata per il 23 Dicembre) il candidato presidente Stavros Dimas dovrà raccogliere almeno 200 voti, ma la maggioranza parlamentare possiede soltanto 155 e la maggioranza dei parlamentari indipendenti si è già detta contraria all’elezione del presidente della repubblica dall’ attuale parlamento.

Di conseguenza, a sentire fondi governative, ciò che conta per il premier greco è il numero dei voti che raccoglierà oggi l’ unico candidato presidente. Se il risultato si avvicinerà ai 180, cioè ai voti che Stavros Dimas, ex commissario europeo e vice-presidente della Nea Dimokratia, dovrà raccogliere per essere eletto alla terza ed ultima votazione, programmata per il 29 Dicembre, allora Samaras potrebbe superare lo scoglio. Almeno cosi sperano nel Megaro Maximou, sede del governo.

Altrimenti il Paese andrà alle elezioni anticipate agli inizi di febbraio prossimo con la sinistra radicale a mantenere sempre una differenza di quasi quattro punti rispetto ai conservatori. Secondo gli ultimi sondaggi condotti dalle società Kapa Research e Alco per conto dei settimanali To Vima e Proto Thema, Syriza raccoglie tra il 25,5% e il 27,6% delle preferenze, Nea Dimokratia, il partito di Samaras tra il 22,7% e il 24% e seguono To Potami (Il Fiume), nuova formazione politica di centro, creata da un giornalista televisivo che raccoglie i delusi dei vecchi partiti del potere, con 6%- 4,1%, Chrysi Avghi (Alba Dorata) con il 5,9% – 5,6%, il Pasok oscilla tra il 6,7% e il 5%, il Kke tra il 5,8% e 4,4%, mentre Dimokratiki Aristera (Sinistra Democratica), una volta componente del Syriza, poi partner della maggioranza che è uscita dal governo di coalizione un anno fa, e gli Ecologisti Verdi non riescono a superare la soglia del 3%. Gli indecisi poi superano il 18%.

Samaras non è certo l’ unico a voler diffamare la sinistra radicale greca. L’ eventualità di una vittoria elettorale di Syriza fa venire i brividi anche ad una parte dell’ establishment europea, soprattutto quella strettamente legata e dominata da Berlino. Ed è propria questa leadership insieme ad alcuni media internazionali main stream, tra loro anche certi italiani, e ovviamente i mercati che stanno applicando in pieno altre volte la strategia della tensione ed altre quella della paura. Dopo il crollo maggiore nella storia della borsa di Atene, nel giorno in cui ufficialmente si anticipavano le elezioni presidenziali, fatto interpretato come un avvertimento per l’ avanzata di Syriza, l’ incubo del “Grexit” (l’uscita della Grecia dalla zona euro) viene riproposto senza scrupoli.

L’appello di Jean-Claude Juncker, al centro di una Luxleaks di massiccia evasione fiscale, a votare in Grecia «in favore delle persone che conosco», hanno provocato la reazione di tutte le forze d’ opposizione greche. E poi quelle del commissario per gli Affari Economici e Finanziari dell’Unione europea, Pierre Moscovic, in visita ufficiale alla capitale greca da lunedì. Moscovici, in un’ intervista al quotidiano Kathimerini, ha voluto inviare un messaggio a favore dell’elezione di Stavros Dimas, alla presidenza della Repubblica. «Lavoriamo – ha detto – con le persone che vogliono la permanenza della Grecia nel cuore dell’Europa», come se Syriza non la volesse. Intanto l’ ex premier Jorgos Papandreou, considerato responsabile per i primi accordi con la Troika, sta creando un nuovo partito nel tentativo di ostacolare il flusso di elettori socialisti verso Syriza.

Prosegue, insomma, la guerra contro la sinistra radicale. E la questione vera é se questo clima d’incertezza politica, tutto sommato fittizio, é dovuto ai creditori internazionali e ai partners europei, oppure a Syriza. L’incertezza certo non piace né ai mercati, né all’Unione europea, ma non piace nemmeno a Syriza, pronta a rispondere a tutte le menzogne.