L’esercito egiziano ha permesso a una pattuglia israeliana di entrare nel Sinai e di arrestare e deportare migranti eritrei e sudanesi che tentavano di entrare in territorio israeliano. 15 migranti erano riusciti ad attraversare il confine tra i due paesi ma sono stati arrestati dai militari israeliani. Alcuni di loro erano stati in precedenza feriti da soldati egiziani e trasferiti nel Centro medico di Soroka a Beer Sheva, mentre gli arrestati sono stati portati nella prigione di Saharonim nel Negev.

«I clandestini sanno che rischiano la vita nel viaggio verso Israele. L’esercito egiziano non tollererà più chi si ribella contro le forze di sicurezza e spara contro chiunque si muova nel Sinai senza permesso», ha dichiarato un alto ufficiale israeliano, citato dal quotidiano saudita con sede a Londra al-Sharq al-Awsat. Una forza speciale israeliana si starebbe coordinando già con l’esercito egiziano. I militari israeliani potrebbero entrare in territorio egiziano per «trasferire» chi viene colpito dai soldati del Cairo per impedirgli di attraversare il confine.

Sarebbero circa 50 mila i migranti di origine africana che negli ultimi mesi hanno tentato di superare i 245 chilometri di confine tra Egitto e Israele. Secondo un report di Human Rights Watch dello scorso anno, dal 2006 decine di migliaia di eritrei che tentavano di scappare dal loro paese sono stati deportati nella penisola del Sinai. Fino al 2010, passavano per il Sinai volontariamente ma negli ultimi tre anni hanno subito arresti, torture, sono stati vittime di traffici o uccisi. Trafficanti sudanesi hanno rapito e venduto a trafficanti egiziani migliaia di eritrei con lo scopo di estorcere somme di denaro ai parenti delle vittime.

Con l’approvazione del piano anti-immigrazione, che prevede l’arresto dei profughi, Tripoli ha costretto gli scafisti a partire dalle coste egiziane, in particolare dalle spiagge di Alessandria. Per questo anche il governo del Cairo è sempre più nell’occhio del ciclone per la gestione dei flussi migratori.

Il premier greco Alexis Tsipras, nella sua prima visita al Cairo dal golpe del 2013 per l’inaugurazione del parziale raddoppio del Canale di Suez dello scorso 6 agosto, ha discusso con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi di politiche migratorie. Tsipras ha invitato al-Sisi (che cerca legittimazione tra i leader socialisti europei per rafforzarsi internamente) ad Atene per il summit trilaterale con Cipro che si terrà in Grecia nei prossimi mesi. In quell’occasione si discuterà anche dei flussi migratori, provenienti dalle coste egiziane, e che continuano ad interessare le coste greche. Da parte sua, il presidente francese Hollande si sarebbe recato a Suez invece per vendere le due navi militari Mistral, costruite per la marina russa nei cantieri di Saint Nazaire, poi finite nella rete delle sanzioni commerciali imposte a Mosca dall’Ue, dopo lo scoppio della crisi in Ucraina.

L’accordo per la consegna delle due navi militari Mistral era stato firmato nel 2011; la fine dei lavori aveva però coinciso con l’inizio le misure contro la Russia. Parigi e Mosca si sono accordate per il pagamento di una penale per la mancata consegna. Stando alle rivelazioni del quotidiano Le Monde, proprio al-Sisi avrebbe mostrato interesse per le due navi alla disperata ricerca di un compratore. Non è passata inosservata neppure l’assenza allo show post-coloniale di Suez (solo la copertura mediatica è costata 30 milioni di dollari mentre il ministero della Difesa egiziano ha commissionato l’ideazione di colonne sonore e inni ad hoc per l’evento) del premier italiano. Matteo Renzi, dopo aver esaltato per mesi al-Sisi come modello di stabilità, ha forse compreso fino a che punto l’aggressività egiziana in Libia (al fianco di Haftar) penalizza gli interessi italiani e alimenta l’immigrazione clandestina.