Parlando del piano approvato ieri dalla Commissione Ue per fronteggiare l’emergenza profughi, il commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos l’ha definito come un atto di «solidarietà minima» che ogni Stato dovrebbe dimostrate verso le centinaia di migliaia di persone in fuga dalla sponda opposta del Mediterraneo e verso quei Paesi maggiormente investiti dal fenomeno come Italia e Grecia.

E in effetti, per quanto importante, quello che l’Europa si prepara a compiere è poco più di un piccolo passo, per di più ancora pesantemente condizionato al volere degli Stati la cui decisione verrà presa il prossimo 26 giugno nel corso del previsto vertice dei capi di Stato e di governo. E per quanto a prevalere ieri fosse soprattutto l’ottimismo possibili brutte sorprese sono sempre in agguato, specie se si considera che sono almeno una decina i paesi contrari ad accogliere nuovi profughi e che tra questi figurano, anche se con posizioni meno intransigenti, anche Francia e Spagna.

Il piano prevede il ricollocamento su base obbligatoria all’interno dell’Ue di 40 mila richiedenti asilo in due anni, 24 mila provenienti dall’Italia e 16 mila dalla Grecia i due Paesi che nel 2014 hanno fatto registrare sulle proprie coste il maggior numero di sbarchi (+277% rispetto al 2013 il primo, pari al 60% degli ingressi nell’intera Europa; +153% il secondo).

A usufruire di questa possibilità saranno esclusivamente siriani ed eritrei, scelta fatta considerando che il 75% delle richieste di asilo accettate in Europa l’anno scorso riguardano proprio queste due nazionalità.

Spetterà a Roma e Atene stabilire se la distribuzione riguarderà quanti sono arrivati dopo il 15 aprile scorso o partire dalla data di approvazione del piano, prevista per i primi di luglio, particolare che comunque non cambia le cose. Quella dell’Europa verso Roma e Atene è però una disponibilità condizionata a impegni ben precisi: Italia e Grecia sono infatti sotto stretta sorveglianza da parte di Bruxelles ed entro un mese dall’approvazione del piano dovranno spiegare come intendono gestire la richieste di asilo, l’accoglienza e il rimpatrio dei migranti. Ogni tre mesi verranno effettuate delle verifiche, e in caso in caso di inadempienze la Commissione potrà sospendere i trasferimenti. Fondamentali, in questo, anche la raccolta delle impronte digitali dei migranti al momento dello sbarco.

Si tratta di un punto su cui Bruxelles ha insistito fortemente, tanto da preparare delle linee guida a uso e consumo degli Stati membri sulle migliori pratiche per effettuare i rilevi. mentre esperti di Frontex di Europol e dell’Easo, l’Ufficio d’asilo europeo, saranno in futuro al fianco delle autorità italiane per sveltire le procedure.

Previsti inoltre dei finanziamenti per gli Stati che riceveranno i profughi: 6.000 euro per ogni richiedente asilo accolto, per una spesa totale calcolata in 240 milioni di euro.

C’è poi la parte che riguarda la lotta alle organizzazioni dei trafficanti di uomini. E’ prevista l’istituzione di una non meglio specificata lista delle navi sospette da monitorare, ma anche lo scambio di informazioni tra intelligence soprattutto per quanto riguarda i flussi di denaro dei trafficanti. Significativo come sotto il capitolo sul contrasto ai mercanti di uomini si inseriscano anche nuove attività per il rimpatrio dei migranti irregolari per il quale è previsto anche un rafforzamento di Frontex e l’attuazione non meglio specificati nuovi metodi. Sarà avviata inoltre la cooperazione con i Paesi di transito dei migranti.

Oltre al ricollocamento dei migrati sarà avviato anche un programma di reinsediamento che riguarderà 20 mila richiedenti asilo individuati dall’Unhcr e che attualmente si trovano in campi profughi in Africa. Per questo sono stati stanziati 50 milioni di euro da ripartire in Europa in due anni secondo percentuali prestabilite: il 9,94% all’Italia (1.989 persone), 15,43% Germania (3.086), 11,87% Francia (2.375), 11,54% Gran Bretagna (2.309). la partecipazione in questo caso è volontaria. Infine Triton: l’area di attività della missione è stata estesa dalle attuali 30 fino a 138 miglia marine, in pratica la stessa di Mare nostrum, ma quello che è più importante non si limiterà al controllo delle frontiere marittime ma avrà tra i suoi scopi la ricerca e il salvataggio dei barconi in difficoltà.

Frontex avrà inoltre una base regionale in Sicilia dalla quale coordinerà gli interventi.

Resta, infine, il capitolo più spinoso, quello che riguarda la Libia.

Ieri il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha liquidato come una «polemica che la momento non ha motivo di esistere» le rivelazioni di Wikileaks secondo e quali si starebbe preparando un intervento militare nel Paese nordafricano. La situazione in Libia resta comunque una condizione determinante perché si possa procedere anche al piano di contrasto dei trafficanti. Piano che per partire ha bisogno di un via libera da parte dell’Onu che tarda ad arrivare.