Sol Sánchez (nella foto in alto) è la seconda persona nel nuovo Congresso dei deputati che può sfoggiare la sigla Izquierda Unida-Unidad Popular. Indipendente che ha un passato di attivista di Attac, è alla prima esperienza politica. «No, non mi sono ancora pentita», dice ridendo quando le chiediamo se questo primo mese parlamentare non le abbia fatto cambiare idea.
Lei e Alberto Gárzon sono finiti nel gruppo misto: il tentativo di formare un gruppo con Esquerra Republicana de Catalunya per ottenere i rimborsi elettorali è naufragato per colpa del Partito popolare e di Ciudadanos, che hanno respinto l’istanza; la soluzione di formare gruppo con i 4 deputati di Compromís, la “confluenza” valenziana di Podemos, è naufragata per lo stop di Podemos. Così Izquierda Unida, con un milione di voti alle spalle, per la prima volta dal 1986 non ha gruppo, non ha visibilità e non ha rimborsi spese.

La prima domanda è d’obbligo. Come vede la situazione? Ci sarà un governo?
Complicata, confusa, ma non impossibile. L’atteggiamento del Psoe è sorprendente – o forse non così tanto – e ha reso le cose più difficili col suo patto con Ciudadanos. Continuo a trovare contradditorio preferire un patto che garantisce 130 seggi a uno che parte da 161. Di certo, il programma economico e quello sociale firmato con Ciudadanos è contrario al nostro. Ma non per questo smetteremo di provare a trovare un accordo.

Secondo lei perché il Psoe ha scelto questa strategia?
La verità è che non l’ho capito neppure io. Prendiamo per buone le parole dei socialisti che dicono di volere un governo. Devo ammettere che il dibattito di mercoledì sembrava più un dibattito di campagna elettorale che uno di investitura. Ma una cosa è certa: questa legislatura è nuova nel senso della volatilità e della rapidità con cui cambiano le cose. I fatti modificheranno le strategie di tutti. Noi continuiamo a pensare che, anche dopo la bocciatura di domani, siamo ancora in tempo. Lunedì siamo pronti a sederci di nuovo intorno al tavolo a quattro. Magari uno per uno non ci riusciamo, ma tutti e tre possiamo trascinare il Psoe a trattare con la sinistra.

Facciamo fantapolitica. Un qualche tipo di governo si forma. In sole due persone come vi organizzerete per seguire i lavori parlamentari? Contate con gli altri tre deputati di Izquierda Unida nelle confluenze di Podemos in Catalogna e Galizia?
Già oggi è molto complicato. Alcuni commissioni legislative si sono già formate, e ciascuno di noi si sta facendo carico di varie commissioni. Come Izquierda Unida siamo solo noi due, ma è chiaro che c’è già sintonia con le forze di sinistra per lavorare assieme su molti temi.

Sempre nello scenario della fantapolitica, avete promesso di consultare le basi su un eventuale appoggio a Sánchez. Come lo farete?
Ovviamente, prima ci deve essere una proposta di accordo da sottoporre ai militanti. Lo faremo come abbiamo fatto finora: chiedendo di votare a iscritti e simpatizzanti.

Rimaniamo nello scenario di una legislatura che non si chiuda fra due mesi. Quali sono le misure chiave che vorreste portare a casa prima della fine?
Misure per contrastare l’emergenza sociale. Reddito minimo e garanzia di forniture minime di energia per tutti. Stop agli sfratti, e affrontare le conseguenze sociali degli sfratti di questi anni. De-criminalizzare le proteste sociali, bloccando la legge bavaglio e la riforma del codice penale del Pp. La riforma della legge elettorale: abbiamo 4 modelli in mente per garantire maggiore proporzionalità. A livello europeo, fermare il trattato di libero commercio e introdurre una tassa Tobin sulle transizioni finanziarie. Infine, approfittare del fatto di aver nazionalizzato Bankia per trasformarla in una vera e propria banca pubblica, essenziale per portare avanti politiche sociali.

Se invece si torna a votare, riprovereste ad allearvi con Podemos nonostante come vi hanno trattato?
Dal rispetto verso qualsiasi identità, noi continuiamo a credere in un progetto di sinistra. Quello che è successo prima e dopo le elezioni è stato doloroso e costoso, ma questo non è il parametro decisivo. Il nostro punto di riferimento è la maggioranza sociale del paese, per questo dobbiamo essere capaci di costruire uno spazio comune.