Oggi il ministro Angelino Alfano è ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per aggiornarsi sul «contrasto dell’estremismo violento», poi, entro la fine della settimana, dovrebbe tornare con i piedi per terra e spiegare al presidente del Consiglio Matteo Renzi in cosa consiste il nuovo Piano di ripartizione dei richiedenti asilo nei Comuni italiani. E soprattutto come reperire il miliardo di euro all’anno che serve per renderlo operativo al di là delle buone intenzioni.

Il piano punta a distribuire più razionalmente sul territorio i profughi già presenti in Italia che rientrano nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), con l’obiettivo di rendere meno complicata alle grandi città la gestione dell’accoglienza di 160 mila persone. I Comuni disposti a fare volontariamente la loro parte usufruiranno di incentivi e agevolazioni, come la possibilità di assumere personale superando il blocco delle assunzioni in vigore.

A Piero Fassino, presidente dell’Anci a fine mandato, è stato affidato il ruolo di coordinatore di una partita molto complessa. I criteri di assegnazione sono stati fissati in base al numero di abitanti dei Comuni: 2,5 profughi ogni mille abitanti. Ai Comuni fino a 2 mila abitanti, per esempio, verranno assegnati non più di 5 migranti, mentre le grandi città dovranno accogliere 1,5 profughi ogni mille abitanti. L’adesione su base «volontaria» per i Comuni significa solo stabilire un canale privilegiato di collaborazione con il Viminale per concordare l’accoglienza, detto questo chi non aderisce al piano potrebbe comunque vedersi assegnare una quota di migranti sul territorio, «stabilito a livello centrale sulla base di un piano nazionale».

Le prevedibili resistenze – e le agitazioni strumentali di comitati veri o presunti – saranno cronaca dei prossimi mesi. Basta leggere la lettera che la presidente dell’Associazione nazionale piccoli comuni d’Italia (Anpci), Franca Biglio, ha scritto ieri al ministro degli Interni: «Diciamo no ad accordi sulla pelle della nostra comunità, fatti con un’associazione, l’Anci, che non ci rappresenta più ormai da anni». Gli accordi vengono definiti «pasticciati, inutili, privi di ogni visione a medio e lungo termine e con risorse finanziarie risibili» (al suo comune, Marsaglia, Cuneo, 300 abitanti, al massimo verrebbe assegnato un solo profugo).

Come da copione, invece, sono già operative le strumentalizzazioni leghiste e (post) fasciste laddove sono state localizzate nuove strutture di accoglienza. È di ieri l’alzata di scudi dell’assessore alla Sicurezza leghista della Regione Lombardia che vuole impedire la sistemazione di 300 profughi su una ex base dell’aeronautica di Peschiera Borromeo (Mi). Mentre l’altro giorno, a Milano, è stata organizzata la prima manifestazione razzista davanti alla caserma Montello destinata ad accogliere temporaneamente alcuni profughi (con il benestare del sindaco Beppe Sala). Lo ha confermato ieri il prefetto Alessandro Marangoni in una nota, la caserma «sarà resa disponibile per l’accoglienza dei migranti in misura non superiore a 300 persone fino al 31 dicembre 2017». Con vigilanza fissa 24 ore al giorno.

Certe resistenze, volendo, si superano. Forse, per Alfano, l’emergenza è un’altra e ha a che fare con le risorse necessarie per far funzionare il piano di ripartizione dei migranti. Il rischio è che salti prima di cominciare se è vero che, come ha scritto il Corriere della Sera, su un miliardo necessario ogni anno mancherebbero 600 milioni. Già oggi ci sono cooperative che gestiscono strutture di accoglienza che da mesi non vengono pagate.