Quando si tratta di stranieri, il partito democristiano bavarese Csu, organicamente vincolato alla Cdu di Angela Merkel, dà il meglio di sé. Stavolta è giunto al punto di immaginare che i poteri pubblici in Germania possano imporre alle persone la lingua in cui devono parlare a casa propria. È ciò che si evince da un passaggio del documento – reso noto venerdì – che i delegati sono chiamati ad approvare al congresso del partito in programma a Norimberga il prossimo fine settimana: «Chi vuole vivere qua stabilmente deve essere sollecitato a parlare tedesco nei luoghi pubblici e in famiglia». Migranti avvisati: se non parlano la lingua di Goethe anche tra le mura domestiche, raus.

Un’ipotesi che fa clamorosamente a pugni con i princìpi fondamentali di qualunque società liberale e democratica, e che evoca piuttosto inquietanti scenari totalitari. Per la Csu, invece, si tratta di una ragionevole proposta che mira a «favorire l’integrazione», dal momento che a tale fine «la lingua è notoriamente della massima importanza», come affermato ieri da Gerda Hasselfeldt, influente capo-delegazione bavarese nel gruppo democristiano al Bundestag, il parlamento federale. Delirio spacciato per buon senso, ovviamente: in questa materia, purtroppo, accade spesso. E nessun Paese fa eccezione.

Per fortuna, un’ondata di indignazione e ridicolo ha sommerso la proposta del partito guidato dal governatore della Baviera Horst Seehofer. Ieri mattina è intervenuta anche la sottosegretaria all’integrazione, la socialdemocratica di origine turca Aydan Özoguz, attaccando pesantemente i suoi alleati di governo: «Chi dovrebbe controllare?» ha domandato la dirigente Spd. Aggiungendo, con ironia, di essere stupita di ascoltare una simile proposta giungere proprio dai bavaresi: notoriamente, in quella regione tra le mura domestiche (e non solo) non si parla tedesco, ma l’incomprensibile dialetto locale. Di «idea assurda» ha parlato anche l’organizzazione che raccoglie le comunità turche che vivono in Germania, mentre i Verdi, attraverso la co-segretaria Simone Peter, accusano la Csu di volere competere a destra con i populisti eurofobi e ultra-conservatori di Alternative für Deutschland.

Di fronte alle critiche, nel seno del partito bavarese ieri si è registrata una parziale correzione di tiro: dirigenti autorevoli hanno ammesso che la frase finita nell’occhio del ciclone andrà riformulata. «Dobbiamo stimolare le persone a parlare tedesco, non obbligarle», suona la nuova linea. Qualcuno ha persino ammesso che si sia trattato di uno spiacevole errore politico, non degno di una forza che si considera portatrice di valori liberali. La maggioranza dello stato maggiore, tuttavia, non fa una vera retromarcia, tenendo il punto nella sostanza: «Non vogliamo nessuna polizia linguistica, ma in questo Paese tutti devono parlare tedesco», ha ribadito Manfred Weber, esponente Csu e capogruppo del Ppe al parlamento europeo. j.r.