Un’invasione di trattori a Parigi, un’enorme prova di forza della Fnsea, il principale sindacato agricolo, difensore di un’agricoltura intensiva e industrializzata. Gli agricoltori, anche se numericamente sono sempre meno significativi, fanno paura ai governi in un paese come la Francia, che resta uno dei principali produttori agricoli mondiali. Gli agricoltori, rappresentanti di tutte le filiere, dai cerealicultori agli allevatori e ai produttori di latte, hanno ottenuto più o meno quello che chiedevano: dei soldi (3 miliardi in tre anni), la promessa di nuove trattative con la grande distribuzione per la definizione dei prezzi, una boccata d’ossigeno per i rimborsi dei crediti accesi con le banche, l’impegno a non approvare nuove norme dettate dall’Europa fino al prossimo febbraio. Lunedi’, al Consiglio agricoltura della Ue chiesto dalla Francia, saranno sul tavolo i problemi di sovrapproduzione di latte e carne di maiale, che stanno abbattendo i prezzi e mandano in fallimento molte aziende.

La manifestazione di ieri a Parigi, con più di 1500 trattori nella capitale, è arrivata dopo un’estate particolarmente calda, durante la quale hanno avuto luogo più di 500 azioni di forza in tutto il paese. Malgrado le concessioni del governo e il “messaggio d’amore” del primo ministro Manuel Valls al mondo agricolo che ha assicurato “il sostegno della nazione”, il malcontento resta e ieri il leader della Fnsea, Xavier Beulin, è stato ampiamente fischiato in piazza dopo aver comunicato il risultato dell’incontro a Matignon. In particolare, gli agricoltori bretoni, che nei mesi scorsi avevano partecipato al movimento contestatore dei “berretti rossi”, non sono soddisfatti.

Il governo mette dei soldi, ma non prevede un cambiamento del modello di produzione intensiva, difeso dalla Fnsea. Il mondo agricolo è in crisi ed è diviso al suo interno. La Confédération paysanne, che ieri non ha partecipato alla protesta, accusa Beulin (che è un grosso produttore) di “populismo”. La Coordination rurale, un altro sindacato (che si prepara a manifestare lunedi’ a Bruxelles), chiede “protezionismo” e condanna la “perdita dell’autonomia alimentare” in Europa. Lunedi’, il Consiglio agricoltura discuterà della crisi del settore latte e di quello della carne porcina. Nell’aprile scorso sono finite le “quote latte” europee. Ne è seguita una crisi di sovrapproduzione, aggravata da un crollo del prezzo mondiale, a causa anche di una diminuzione delle importazioni della Cina. La Fnsea chiede a Bruxelles un aumento del “prezzo di intervento”, per sostenere il livello dei prezzi. I francesi chiedono anche che i soldi raccolti da Bruxelles con le multe sulle quote latte (900 milioni) siano destinati a sostenere il settore, mentre la Commissione vorrebbe utilizzarne buona parte per i migranti. Grande crisi anche per il settore della carne di maiale, che riguarda soprattutto la Francia, che ha prezzi di produzione più alti che altrove, in particolare della Germania, grande concorrente. In più, si è aggiunto il boicottaggio dei prodotti agricoli europei da parte della Russia, in reazione all’embargo deciso dalla Ue a causa dell’Ucraina. I produttori agricoli restano comunque ostaggio della grande distribuzione, che decide i prezzi, molto spesso al di sotto dei costi di produzione. Si salvano i più grossi da un lato e dall’altro sono in situazione economica migliore i produttori che hanno scelto la qualità e la vendita più locale al posto della quantità. Ma la Francia è in ritardo su questa svolta, come sull’adozione delle norme ambientali.

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