Per Vladimir Putin si tratta di un risultato oltre le più rosee aspettative. Nonostante la bassa affluenza al voto (il minimo storico per le elezioni della Duma: ha votato solo il 47,8%, rispetto ad oltre il 60% delle scorse legislative del 2011) il partito del presidente russo fa il pieno di voti, ottiene 343 seggi su 450 della Duma e ha sostanzialmente il totale controllo politico e legislativo, nonché – se volesse – costituzionale.

La prima constatazione di questa tornata elettorale è il totale annientamento delle opposizioni: i partiti che fanno riferimento a dissidenti o aperti oppositori di Putin non ottengono granché. Addirittura Parnas, il partito di Boris Nemtsov ucciso a Mosca lo scorso febbraio del 2015, non ha neanche ottenuto un seggio.

Il secondo dato è il seguente: a fronte della vittoria a valanga di Putin si sono levate ben poche voci su eventuali brogli o irregolarità. Significa che evidentemente, nonostante le difficoltà economiche, al momento, chi vota sta ancora con l’autoritario leader in carica al Cremlino. Su questo aspetto si è espresso chi era stato incaricato di sorvegliare la trasparenza del voto. Jan Peterson, capo della missione di monitoraggio Osce per le elezioni russe ha dichiarato che il voto è stato «ordinato» e le denunce di irregolarità sono state affrontate in modo «trasparente», anche se la trasparenza «può essere aumentata permettendo a gruppi della società civile di entrare nei seggi».

Peterson ha poi sottolineato che «la correttezza del processo elettorale inizia ben prima del giorno del voto» e che il controllo dei media e della società civile «è uno degli elementi che ha in parte impedito agli elettori russi di compiere una scelta informata». Sul tema della «legittimità del voto» – messa in dubbio da alcuni partiti di opposizione – è «compito del popolo russo decidere». Per garantire la regolarità del voto ed escludere polemiche successive Putin aveva effettuato una scelta apprezzata dalle opposizioni, mettendo Ella Pamfilova – stimata per le sue battaglie in difesa dei diritti umani – a capo della commissione elettorale.

A vantaggio di Putin ha concorso anche un altro dato, ovvero il cambiamento pre voto della legge elettorale, con lo scopo di garantire una maggior probabilità di accesso alla Duma ai partiti minori, abbassando la soglia di sbarramento. La scarsa affluenza e il potere che Putin sembra avere – che piaccia o meno – in Russia, ha completamente annullato anche questa possibilità. Per le opposizioni in Russia, infatti, è notte fonda.

Politicamente la nuova Duma emerge dunque non molto differente da quella precedente. «Russia unita» primo partito, seguono i comunisti e poi liberaldemocratici e «Russia giusta» al terzo e quarto posto, seguite da singoli deputati in rappresentanza di partiti minori come Piattaforma Civica e Rodina.

Putin ha letto a suo modo i dati, dicendosi quasi sorpreso della vittoria schiacciante. «Il popolo – ha detto il presidente russo – ha reagito alle sanzioni e ai tentativi di destabilizzare il paese dall’esterno», annunciando poi la sua volontà di ascoltare tutte le parti politiche, anche quelle rimaste escluse dalla Duma.

Di sicuro Putin farà tesoro di questa vittoria soprattutto in direzione delle presidenziali del 2018; il presidente russo è forte di una posizione intoccabile, ha anche ottenuto importanti risultati in chiave internazionale e come ha sottolineato lui stesso la sensazione di accerchiamento vissuto dai russi a causa delle sanzioni per la guerra in Ucraina hanno finito per portare voti al suo partito.

Questa verifica interna è importante soprattutto per il futuro: la possibilità di cambiare la costituzione garantisce una grande dose di potere al presidente, che infatti pare stia già pensando a una riforma dei servizi di sicurezza. E più di tutto gli consente di avere davanti due anni in cui valutare davvero cosa convenga fare per le elezioni presidenziali. A inizio settembre Putin aveva detto che per il ruolo di presidente servirebbe una persona giovane. Il suo cannibalismo politico, però, al momento non lascia intravedere un delfino di cui lo zar possa fidarsi ciecamente.