L’ultima sfida è tra il cerchio magico e il cordone sanitario. E’ una guerra di trincea, si fa in Liguria, probabilmente annoia gli elettori e logora quel che resta di Forza Italia e del centrodestra. Ieri due assalti: una candidatura e un tweet, che in questa politica 2.0 non può mai mancare.

Per le regionali Lega e Forza Italia correranno insieme, lo strappo ligure pare ricucito. Perché alla fine Berlusconi e Salvini partoriscono un nome comune. Non è proprio un topolino, anche se ci sta provando e per scendere di un paio di taglie si è sottoposto ai regimi alimentari dettati dall’ex Cavaliere. Ah, il nome è quello di Giovanni Toti, già direttore di Studio Aperto e Tg4, eurodeputato, dal gennaio 2014 consigliere politico di Berlusconi , ruolo alla fine imposto pure a Forza Italia. A settembre Toti compirà 47 anni e nell’immaginario cavalleresco rappresenta il nuovo che avanza.

L’accordo è servito e l’improvvisa convergenza ha subito riempito di guai anche la casa leghista. Toti con la Liguria c’entra poco, pare abbia la residenza nello spezzino. Vabbé, il leader leghista ingoia anche questa. Così per Salvini la Liguria diventa un passaggio delicato. Ieri il leader ha incontrato gli esponenti locali del Carroccio, doveva spiegargli l’abbraccio con Fi e il contrordine: non sarà più Edoardo Rixi il candidato. Il ragazzo è coinvolto nell’inchiesta «spese pazze» che ha travolto il consiglio regionale e decimato la giunta di Claudio Burlando. Rixi era capogruppo, doveva vigilare sul comportamento dei suoi compagni padani. Sembrava un dettaglio, ma alla fine Berlusconi avrebbe usato anche questo argomento per silurarlo. E imporre il suo delfinone. Vero, bizzarra scelta per un urlatore garantista. Il candidato disarcionato l’ha presa malissimo, è verde, ma di rabbia. Per sbottare non ha neppure aspettato l’incontro con Salvini: «Sono il vice di Matteo, non sarò mai il vice di Toti». E comunque il problema è relativo: «Perché così noi del centrodestra perdiamo, sicuro». Questo pensano i leghisti liguri, ora toccherà all’altro Matteo risolvere la bega. Oppure mandare a gambe all’aria l’ultimo accordo con Berlusconi, soluzione improbabile, anche perché la Liguria fa parte di un pacchetto che comprende il Veneto.

Non è finita. Dal cerchio magico esce trionfante la candidatura di Toti? E allora il cordone sanitario si ribella. Lo fa con un tweet, scritto alle 10.05 di ieri: «Non male il programma di Raffaella Paita per la mia Genova». Paita è la candidata Pd che ha battuto Cofferati alle primarie. Chi cinguetta invece è Alberto Zangrillo, il medico personalissimo di Berlusconi. Visti gli ultimi acciacchi (veri o presunti) il primario del San Raffaele è ormai l’uomo più vicino al Cavaliere decaduto. Zangrillo non ha incarichi in Fi. Però ha sempre appoggiato le scelte politiche del suo paziente, spesso pubblicamente. Di più: ha picchiato duro sui «traditori» di Ncd, riservando tweet velenosi ad Alfano e letali per la detestata Beatrice Lorenzin. Beh, ora Zangrillo che fa? Appoggia la candidata del Pd. Pubblicamente, poche ore dopo la candidatura «ufficiale» di Toti. La cosa non ha subito un forte impatto, ma è una strana storia. C’è chi spiega che quel tweet non sia altro che il messaggio esplicito di quanto molti sostengono da mesi: la probabile elezione di Paita, la continuità con il sistema di potere garantito negli ultimi dieci anni da Burlando, piace anche a Fi. In particolare al suo coordinatore regionale, il deputato Sandro Biasotti.

Strana storia, spiegazione plausibile, ma forse azzardata. Zangrillo vorrebbe non commentare. Con gli amici taglia corto: «Almeno ho visto il programma della Paita, non quello di Toti». Allora la verità sta in mezzo. Il medico è un uomo impulsivo, non si è fatto dettare da nessuno il tweet. Lo ha scritto per rabbia. Genovese di origine, genoano di fede, aveva trovato un altro candidato: Alessandro Zarbano, ad del Genoa, mai avuto nulla a che fare con la politica. Zarbano piaceva a frange del centrodestra ligure, sembrava gradito al sistema imprenditoriale. Sul suo nome poteva convergere Salvini. Però Berlusconi aveva in testa la sua idea, voleva Toti. Che magari non vincerà, ma che potrà garantire alla Liguria altri 5 anni di continuità politica. Sono le regole del consociativismo, fatte proprie anche da chi si proclama nuovo. E’ anche a questo che servono le beghe di partito.