Ultrasessantenni che chiedono inutilmente di andare in pensione e trentenni che non riescono a trovare un posto da insegnanti a scuola. Il paradosso è andato in scena ieri a Roma: il personale scolastico «Quota 96» protestava in piazza SS. Apostoli, mentre alcune maestre in età vicina alla pensione firmavano al provveditorato agli studi di via Pianciani un contratto di lavoro a tempo indeterminato dopo una vita di precariato.

C’era Angelina da Caserta che di anni ne ha 61. Poi la romana Attilia che tra tre giorni ne compirà 62. E poi la signora Maria Rosa. A 65 anni entrerà in ruolo e subito dopo andrà in pensione. Storie al limite in un paese allucinato che rivelano tuttavia resistenza e dedizione, mentre cresce una grande rabbia precaria. Quella di chi ha vinto un concorso, oppure è stato ritenuto idoneo, ma oggi non trova spazio nemmeno nelle graduatorie.

Sono gli apolidi come Marica, 32 anni, romana che sotto un sole impietoso alza ripetutamente il cartello simbolico di una generazione studiosa: «Non sono una Black Bloc, sono solo una precaria plurilaureata incazzata». Il suo problema è lo stesso di Paola, 38 anni di Acquaviva delle Fonti o della coetanea Lisa di Bari: hanno vinto il «concorsone» del 2012 nella scuola dell’infanzia, ma restano invisibili. Paola ha tre figlie, Lisa uno, ma non possono lavorare nella scuola, pur avendo tutti i diritti del mondo. Paola lavora come precaria nella formazione. «Io resto a braccia conserte. Devo crescere mio figlio» dice Lisa dopo una vita a insegnare inglese nelle private.

«Le graduatorie di merito sono piene di vincitori senza cattedra e di idonei – denuncia Angelo Palumbo, anche lui idoneo – il ministero non deve bandire un nuovo concorso. Prima deve assumere noi e tutti gli altri precari». La protesta auto-organizzata, a cui hanno aderito i sindacati Flc-Cgil, Cobas e Gilda, ha dimostrato che tra giovani e anziani non c’è rivalità generazionale, né competizione. C’è un mutuo riconoscimento, l’opposto della riforma «meritocratica» ritirata dal Cdm di ieri che il governo intende, ripresentare mercoledì come annunciato ieri da Renzi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.

Più volte da SS.Apostoli i docenti «Quota 96», vittime di un «bug» della riforma Fornero delle pensioni voluta da Pd e Pdl, hanno chiesto ad un fischiatissimo Matteo Renzi di essere «rottamati» in favore di 4 mila precari che non riescono ad essere assunti. Precari e «Quota 96» sono vittime della stagione dei tagli della scuola (8,4 miliardi e 150 mila posti in meno) e vivono in una scuola impoverita e vittima di un caos normativo che la fa assomigliare all’ingorgo a doppia croce uncinata di Fantozzi.

L’impegno politico dei comitati «Quota 96» è esemplare. Da soli, senza i sindacati, hanno imposto il loro problema all’attenzione dell’opinione pubblica. Non cedono all’ambiguità del Pd che prima ha sposato la loro causa con un emendamento alla riforma della P.A per poi vederlo stralciare dal ministro della funzione pubblica Marianna Madia. Il destino di «Quota 96» si è nuovamente perso nel caos del governo, ma i docenti non si rassegnano. «Chiediamo la pensione almeno per dicembre – afferma Chiara Farigu a nome dei 4 mila «Quota 96» (ma forse sono anche 9 mila) – Il governo deve darsi obiettivi inferiori a quelli che annuncia, così forse riesce a raggiungerli. Ci mandi in pensione e assuma i primi 4 mila precari».

Da SS apostoli ieri è partito un appello per una manifestazione «entro settembre». Nel frattempo Renzi, irritato dal generale scetticismo che lo circonda, assicura che «le coperture della riforma ci sono» e che «le proposte sulla scuola saranno discusse dalle famiglie, studenti e insegnanti per molti mesi». In attesa di un finale incerto, la Flc-Cgil attiverà mobilitazioni sin dal primo giorno di scuola in tutto il paese.