«Nella primavera del 1979 Eduardo De Filippo va in scena per l’ultima volta nel suo Teatro San Ferdinando con il guitto Sik-Sik, da lui creato nel 1929 al Teatro Nuovo». Con il volto scavato di Eduardo comincia la ricognizione sui luoghi e gli interpreti in Scene napoletane, sguardo d’insieme sul teatro a Napoli negli ultimi 35 anni, un programma di Angelo Curti a cura di Felice Cappa, per la regia di Margherita Lamagna, in onda su Rai 5 stasera e il 19 luglio (ore 23.15). Nel trentennale della morte, la lezione di Eduardo riaffiora in L’altro sguardo di Antonio Neiwiller o in Ha da passa’ ‘a nuttata con Leo De Berardinis, prende il volto di Tony Servillo oppure si fa vettore del repertorio brillante di Scarpetta e Petito.

Il racconto di Angelo Curti ha una data di origine: l’apertura del Teatro Nuovo nel 1980, subito dopo il terremoto, ad opera di Igina Di Napoli e Angelo Montella. La sala dei Quartieri spagnoli risale al ‘700, alla fine degli anni ’70 del ‘900 era diventato un cinema. Quando riapre, i teatri sopravvissuti in città erano pochissimi e il pubblico doveva superare una doppia barriera: lasciare la tradizione per la sperimentazione e attraversare l’intrico di tubi e impalcature che ingabbiavano i palazzi lesionati per avventurarsi in un territorio non battuto.

Da Controllo totale e Tango glaciale di Falso movimento di Mario Martone attraversa due decenni di teatro dove Annibale Ruccello e Enzo Moscato danno nuovi volti alla lingua napoletana, che prende anche altre vie con Varietà Viviani (le immagini offrono tre differenti versioni) accanto alle tammorre de La Nuova Compagnia di Canto Popolare. C’è il tributo a Mico Galdieri, fondatore di Ente teatro cronaca, e c’è Finale di partita del ’96 in cui un giovane Arturo Cirillo interpreta il padre di Hamm – Carlo Cecchi. E poi I negri di Genet per cui Antonio Latella scelse metà cast di non attori. C’è l’ultimo decennio con il circuito delle sale riunite nella sigla Politeatro e la drammaturgia a cavallo tra Napoli e la Spagna con i lavori Chiove e Jucature scritti da Pau Mirò e tradotti da Enrico Ianniello.

Poi c’è il San Carlo, il simbolo di una lunghissima storia da traghettare nel contemporaneo. Curti ha inserito frammenti di Cavalleria rusticana con la regia di Pippo Delbono: prima il palco immerso nel rosso delle luci e poi il volto del suo attore feticcio Bobò incorniciato dai fiori. Il lavoro di Mascagni, dopo il debutto nel 2012, torna al Lirico napoletano per aprire il San Carlo Opera Festival. Delbono firma due regie: Cavalleria rusticana (da oggi al 2 agosto) con la direzione di Jordi Bernàcer e Madama Butterfly di Giacomo Puccini (da domani al 26 luglio) con la direzione di Nicola Luisotti.

«Preferisco lavorare sulle persone e non sui personaggi e seguirli dall’interno della scena – spiega Delbono – così anche i cantanti possono rivelarsi degli attori di grande intensità e anima e cantare con il corpo anche quando non cantano con la voce». Si prosegue con la musica di Mikis Theodorakis per Zorba il Greco (dal 18 luglio al 1 agosto). Chiude la rassegna, in ottobre, Elisir d’amore di Donizetti.