È tutto un altro Grillo quello che campeggia, alla lettura dei giornali, sulla prima pagina del Corriere della sera: «Siamo pronti al dialogo con tutti, anche con il Pd». Un Grillo che propone il reddito di cittadinanza e una Rai dei cittadini ma è pronto alla mediazione: «Auspico tutte le convergenze del mondo. Se ci sono proposte siamo aperti a qualsiasi discussione». Un Grillo meditabondo, transigente, autocritico, insomma irriconoscibile. «Può essere che forse abbia sbagliato io», ammette riferendosi al divieto di andare in tv impartito ai parlamentari 5 stelle. Un Grillo dolente che prende atto che «le piazze non funzionano più»; e che la Lega ha lanciato un’opa ostile sull’elettorato M5S. Ma non attacca Salvini, «la gente è confusa, andiamo sul palco e diciamo tutti la stessa cosa». Un Grillo che non urla, è ragionevole, persino buonista: fa i complimenti al presidente Mattarella (che ha incontrato), per finanziare il reddito di cittadinanza si appellerà a papa Francesco perché rinunci all’8 per mille, «sarà sulla nostra stessa lunghezza d’onda».

Il cambio di verso è clamoroso. Tutto l’arco parlamentare ne deve prendere atto. Perché quel tesoretto di 128 parlamentari, 91 deputati e 36 senatori (contro i 163 eletti a inizio legislatura, in 35 hanno mollato) se nel 2013 avrebbe fatto iniziare tutta un’altra storia italiana (senza Napolitano bis, Letta e Renzi, per stare ai titoli) ancora oggi potrebbe cambiare segno alle politiche del governo. I primi a reagire sono gli espulsi di M5S. Non la prende bene Luis Alberto Orellana: «Ben venga la svolta. Meglio tardi che mai. Mi dà ragione sulla linea per la quale ho dovuto subire pesantissimi attacchi e insulti. Quando arriveranno le scuse?». Non ci crede Francesco Campanella: «Cosa c’è dietro il Grillo trattante? Ha capito che la legge elettorale può fargli comodo. Ma non escludo che nel mirino ci sia un altro bottino e cioè mettere un piede in Rai». La rete invece premia la conversione del comico, segno della stanchezza verso l’atteggiamento di chiusura del movimento.

Nel lato sinistro del parlamento esplode l’entusiasmo. Pippo Civati, da sempre sfortunato costruttore di convergenze con i grillini: «Questa è una buona giornata per la democrazia». Nichi Vendola: «In parlamento c’è una maggioranza possibile. Facciamolo. Ora». Il riferimento è alla riforma della Rai e al reddito di cittadinanza. Il capogruppo Pd Roberto Speranza: «Se le parole di Grillo non sono mera propaganda, pronti a confrontarci nel merito delle questioni. Senza pregiudizi». Ma a crederci non è solo la minoranza Pd cui gli alleati esterni servirebbero come il pane. Ci crede anche il renziano Michele Anzaldi: «Il sogno dei partiti fuori dalla Rai sempre più a portata di mano. L’apertura di Grillo spiana strada a dialogo Pd-M5s».

Gli alleati di governo invece oscillano fra preoccupazione e sfottò. Se il ’forno’ grillino stavolta davvero si materializzasse per l’Ncd sarebbero tempi duri. Nunzia De Girolamo sospetta Speranza di volere «destabilizzare il governo». E Gianfranco Librandi, di quel che resta di Scelta civica: «Non gli è bastata l’aggressione subita in sala stampa qualche mese fa dall’onorevole Di Battista? Quanti pesci in faccia deve ancora prendere il Pd prima di capire l’antifona?».

Nel cerchio renziano l’intervista di Grillo viene accolta con diffidenza. Le parole del comico arrivano nel pieno del lavorìo degli ambasciatori del premier per ricucire lo strappo con Forza Italia. Che infatti ieri ha annunciato la fine dell’Aventino e il ritorno nell’aula di Montecitorio per partecipare al voto finale delle riforme (sarà un no). La ministra Boschi infatti resta gelida: «Noi siamo sempre stati aperti al dialogo con i 5 Stelle: il no era sempre da parte loro. Ora noi non cambiamo idea». In serata Grillo le dà ragione, sbeffeggiando il Pd dal blog: «Lo Speranza è l’ultimo a morire», è il titolo del post, e lo svolgimento torna quello di sempre: «Forse è il Pd che deve cambiare rotta», «Non c’è nessuna inversione di linea da parte del M5S. Ciò che abbiamo detto lo abbiamo sempre fatto al contrario dei Pd». Contrordine, era il solito scherzo da comico. Lorenzo Guerini chiude la questione: «Come volevasi dimostrare: Grillo scende dal tetto e poi ci risale immediatamente. Il Pd ha sempre lavorato con serietà affinché sulle regole del gioco e sugli assetti costituzionali ci fosse il più ampio coinvolgimento delle forze parlamentari. Il M5s ha sempre risposto di no».