Fumetti indipendenti limited edition. Favoriti dalle reti sociali e dal print on demand. Sorretti da una creatività che trova le sue armi migliori nella sperimentazione dei linguaggi e dei formati. Sdoganati in meccanismi di prevendita collaudati in ambito rock attraverso i fenomeni complementari del collezionismo e del crowdfunding. Costruiti, infine, da autori ed editori attraverso il dialogo con un pubblico che non si limita a subire passivamente le scelte dei poteri forti, ma agisce da protagonista sulle dinamiche del mercato. Il miracolo è riuscito a Francesco d’Erminio alias Ratigher, autore di Le ragazzine stanno perdendo il controllo, la società le teme, la fine è azzurra. Che traccia un bilancio del piccolo miracolo editoriale di un romanzo a fumetti già «sold out», con oltre mille copie vendute prima ancora della realizzazione sul sito www.primaomai.com.

Sei fra i pochissimi autori italiani che abbiano sfruttato i meccanismi del finanziamento collettivo per realizzare un fumetto. E a quanto pare, con successo.

Il metodo ha funzionato meglio di quanto credessi. Questo era per me il primo obiettivo, avere un’onesta retribuzione e poter pagare chi ha collaborato con me, come il designer del sito e l’animatore che ha realizzato il book trailer. Il metodo «Primaomai» ha bisogno di affinarsi ma è nato con gambe forti che consentono una sintonia fine senza ansie. Il lato debole è quello distributivo, perché una distribuzione capillare è una consuetudine che ci si poteva permettere solo fino al recente passato. Ora non è più vantaggioso, anzi è certezza di perdita, ma d’altro canto non si può accettare che i libri non possano arrivare dove sono richiesti. Per ora ho risolto diffondendo l’ebook in forma gratuita nel momento in cui si esaurisce la tiratura cartacea, ma c’è da lavorarci.

Questa nuova scommessa sancisce la nuova impresa del sodalizio cui appartieni, i Fratelli del cielo già Superamici. Fra «nom de piume», stile estremo e strategie, l’impressione è che ti piaccia passare in secondo piano rispetto al tuo lavoro… 

L’impressione è giusta, se non fosse il contrappasso di una carriera artistica sparirei proprio. Non posso pubblicare senza firmare, ma posso convogliare l’interesse su ciò che faccio più che su ciò che sono. Con i miei fumetti cerco di mettere a disagio chi legge, di non compiacere nessuno, di offrire un’esperienza inedita. Per riuscirci, devo mettere in dubbio me stesso. I miei fumetti non mi rappresentano e non ti rappresentano, vivono di vita propria. Sono racconti su cui i lettori devono farsi un’opinione senza scorciatoie.

So che a livello grafico ami autori come Daniel Clowes, gli Hernandez Bros. o Charles Burns. Ma da un punto di vista narrativo, i tuoi fumetti ricordano altre influenze, penso al realismo magico o ancora a Burgess e la nouvelle vague… come la vedi?

D’impulso stavo per risponderti che tento di raccontare «il castello» di Kafka con il ritmo di «Indiana Jones», ma è l’inclinazione di questi giorni. Forse la risposta più sincera è che la mia voce è frutto dello studio della grande narrativa classica (Stevenson, London, Shakespeare, Tolstoj…) e dell’influenza, invece vicinissima, dei miei compari di gruppo, i Fratelli del Cielo. Quando fondammo il gruppo io entrai quasi da fan, e stargli a fianco mi ha reso semplici e rapidi alcuni avanzamenti e mi ha anche pesantemente influenzato il segno, svuotandomelo e attribuendo ad ogni linea funzioni narrative.

3RAGAZZINE cover web

 

Dopo il precedente «Trama», anche «Le ragazzine» è una sorta di «Buddy Movie» disegnato. Un’avventura nelle dinamiche di coppia. 

Ci sono motivi poetici e tecnici. Amo scrivere dialoghi ma detesto i monologhi. Da qui, la necessità di mettere almeno due personaggi per libro. Nel prossimo graphic novel incrementerò il numero di protagonisti, questo perché sento necessario il racconto corale in questo momento storico: se vogliamo percorrere una sentiero diverso dalle enormi autostrade a corsia singola in cui ci stiamo barricando è necessario che anche l’immaginario sia popolato di diversità senza graduatorie di rilevanza.

Come «Trama», anche «Le ragazzine» racconta una umanità dolente e autodistruttiva. Ma a differenza che in quel caso, qui la storia ci riserva una sorta di «happy end». Starai mica diventando più buono?

Non direi buono, piuttosto direi calmo. Trama rappresentava il confronto cieco e violento con un problema. Le Ragazzine individua una tattica di reazione. Quando hai un piano puoi riuscire a metterlo in pratica. Quello che mi interessava raccontare ne Le Ragazzine era la storia di una piccola ma convinta deviazione. Una deviazione feconda, che almeno mostrasse le potenzialità di un agire non conforme.