La Catalogna non si arrende. E un’emergenza sociale si trasforma in una nuova clava contro il governo centrale di Madrid. Dopo la sospensione cautelare di una parte della legge per combattere povertà energetica e l’emergenza casa, in attesa che il Tribunale costituzionale si esprima sul tema – potrebbero volerci mesi o anche anni – il governo catalano ha preso in mano la faccenda.

Martedì sera il presidente Carles Puigdemont ha convocato tutti i partiti politici, le associazioni che come la Pah (Piattaforma vittime dei mutui) avevano proposto la legge, i sindacati e i sindaci che la legge la devono applicare per fare il punto della situazione. E ha ottenuto l’ok di tutti – persino del partito popolare – perché il Parlament di Barcellona ritorni ad approvare una legge che incorpori le parti «sospese» della legge precedente. Una vera e propria sfida a Madrid. E infatti Mariano Rajoy ha fatto sapere che è pronto a impugnarla di nuovo se secondo il governo centrale la nuova legge dovesse «invadere competenze statali». Ma l’interpretazione legale è aperta: l’associazione degli avvocati catalani per esempio ritiene che la legge 24/15 rientra totalmente nei margini di competenza costituzionali. La legge originalmente era stata approvata con l’appoggio di tutti i partiti nella precedente legislatura catalana. Ma non mancano le critiche.

Pur dichiarandosi d’accordo con l’idea di sfidare il governo spagnolo per recuperare la legge, alcuni sindaci e la stessa Pah hanno criticato che la Generalitat – il governo catalano – per esempio non abbia ancora firmato i convegni con le grandi imprese energetiche che permetterebbero di bloccare i tagli a luce e gas delle famiglie in difficoltà. Questa parte della legge è ancora in vigore. La sindaca Ada Colau, pur appoggiando l’iniziativa di Puigdemont, si è lamentata che la Generalitat non faccia applicare le sanzioni vigenti agli appartamenti vuoti come fa Barcellona.

Fra i partiti, alcuni vorrebbero semplicemente ri-approvare una legge-fotocopia, altri – come il Pp e Ciudadanos – chiedono che la Generalitat s’impegni contro l’emergenza sociale con altri mezzi. È chiaro che questa battaglia entra nella strategia del governo catalano di sfidare il governo spagnolo su temi che generano ampio consenso, come quello dei rifugiati. Qualche settimana fa, infatti, tutte le istituzioni catalane, in primis Generalitat e comune di Barcellona, si sono unite in una protesta chiedendo al governo spagnolo di sbloccare la situazione e di far arrivare più rifugiati sulla penisola. Per ora, a fronte di un impegno di accogliere circa 17000 persone, il governo spagnolo ne ha accolti solo 18.

Anche in quel caso il governo catalano era riuscito ad agglutinare un consenso che andava più in là del fronte indipendentista per sfidare un sempre più impresentabile governo del Pp a Madrid. Ovviamente, le prossime elezioni spiegano anche come mai Puigdemont stia cercando di guadagnare tempo, con la speranza che nella Moncloa presto sieda un nuovo inquilino. Non è un caso che abbia incontrato, prima che Rajoy si decidesse a dargli udienza, tutti gli altri leader politici nazionali in attesa dei nuovi equilibri istituzionali.

Da Barcellona anche un’altra notizia “sociale”. Sembra infatti che stavolta il partito assemblearista della Cup darà l’ok alla variazione di bilancio di Colau in un consiglio comunale straordinario convocato per domani, 6 maggio. A parte una piccola modifica sul riparto di 5 milioni di euro (su 275) per dare un aiuto per l’affitto e un salario alle donne in difficoltà, il comune avrebbe accettato la soppressione in tempi brevi della brigata antidisturbo della polizia municipale. Una decisione che finora il governo di Colau non aveva ancora preso benché fosse nel programma elettorale.