Per quale ragione non potrà esserci l’accorpamento tra il referendum No Triv e le prossime elezioni amministrative Alfano non lo ha davvero spiegato. Rispondendo ieri alla camera all’interrogazione di Sinistra italiana, il ministro dell’interno ha elencato una serie di ostacoli tecnici al cosiddetto «election day», ma ha poi dovuto concludere che questi ostacoli sono superabili e sono infatti già stati superati almeno una volta – nel 2009.
In realtà c’è anche un altro precedente, per quanto di diversa natura: il referendum consultivo sull’Europa che si tenne congiuntamente alle elezioni europee del 1989. In quel caso però non era previsto un quorum minimo di partecipanti, anche se l’affluenza risultò molto alta. Mentre nel 2009 malgrado l’accoppiata con le amministrative i referendum – sulla legge elettorale – si fermarono al 24% di affluenza e risultarono non validi.

Alfano nella sua risposta ha ecceduto in cavilli. Ha detto che c’è un problema di costi: quelli delle operazioni referendarie ricadono interamente sullo stato mentre quelli delle elezioni amministrative in parte sui comuni e in caso di accoppiamento non si saprebbe come dividerli. Ha detto che le leggi prevedono quattro scrutatori per le amministrative e solo tre per i referendum. Ha detto anche che non si saprebbe in quale ordine cominciare lo scrutinio – se dai Sì e dai No oppure dai candidati sindaci. Non ha citato, il ministro, l’unico argomento di qualche spessore, e cioè il fatto che nel referendum dov’è previsto un quorum minimo la scelta dell’astensione è scelta politica degna di rispetto e dunque l’accoppiata alle urne può avere un effetto distorsivo. L’argomento in effetti è complesso, anche se il dibattito tra i costituzionalisti può dirsi confinato all’orizzonte teorico visto il concreto calo di affluenza che accomuna da anni elezioni politiche e amministrative: l’accorpamento non è più garanzia di superamento del quorum.
La risposta di Alfano conferma però che il governo ha talmente paura di questo referendum che non rinuncerà a creare ostacoli agli avversari delle trivelle. La preoccupazione è politica, visto che a ottobre Renzi ha deciso di giocarsi tutto su un altro referendum – quello confermativo della revisione costituzionale – e non vuole cominciare l’anno con una sconfitta referendaria. Per l’«election day» – che secondo Sinistra italiana farebbe risparmiare 300mila euro – servirebbe una legge. E una legge fu fatta da Forza Italia (c’era anche Alfano) nel 2009, in non più di sei giorni netti tra camera e senato. Ma oggi non sono questi i piani del governo. Che magari farà svolgere il referendum nell’ultima domenica utile, il 12 giugno. A un passo dall’estate e tra altre due domeniche elettorali (primo e secondo turno delle amministrative). a. fab.