«Le primarie non saranno una guerra fratricida» assicura Stefano Bonaccini, segretario del partito democratico dell’Emilia Romagna che ieri, pochi minuti prima di inaugurare la festa nazionale del Pd al Parco Nord di Bologna, ha ufficializzato la propria discesa in campo. Il prossimo 28 settembre, nelle primarie di coalizione (in realtà una competizione tutta interna ai democratici) per la scelta del candidato presidente correranno in sei, anche se la sfida potrebbe ridursi a uno scontro a due. A queste latitudini, fatto salvo l’imprevedibile intervento del destino, chi vince le primarie governa.

Testa di serie, oltre a Bonaccini, è Matteo Richetti: entrambi vengono da Modena, entrambi sono renziani, entrambi si sono candidati ieri. Le similitudini, però, finiscono qui. Bonaccini è un orgoglioso figlio del Partito che fu: ex segretario provinciale di Ds modenesi, ex assessore sotto la Ghirlandina, alle primarie del 2012 sostenitore di Pierluigi Bersani e convertito sulla via della rottamazione in tempo per diventare il coordinatore della campagna di Matteo Renzi alle primarie dello scorso anno. Richetti è un cattolico ex Margherita, ex presidente del consiglio regionale, appassionato renziano della prima ora, mai realmente corrisposto dal rottamatore fiorentino. Anzi, quando è stato il momento di scegliere qualcuno in Emilia, Matteo Renzi ha preferito Bonaccini a Richetti. Dal punto di vista programmatico, entrambi parlano di innovazione.

La condanna di Vasco Errani a inizio luglio, le sue dimissioni dopo alcune settimane di lavoro frenetico per chiudere alcune questioni (come i fondi strutturali europei e la nuova legge elettorale) e le elezioni anticipate sono state un trauma da queste parti. Nelle scorse settimane, il lavoro dietro le quinte di Bonaccini era riuscito a tenere unito il partito: unità sulla scelta di fare le primarie, unità sulle regole per le primarie di coalizione facilitate (per consentire a più candidati del partito di correre). L’ultimo obiettivo di Bonaccini era quello di trovare anche l’unità delle diverse anime su di un candidato unitario che potesse guidare il partito al suo posto. Non è stato possibile e si è candidato.

Il prossimo 28 settembre, oltre ai due cavalli di razza, in corsa ci sono altri quattro candidati. Patrizio Bianchi, economista ferrarese, assessore regionale uscente al lavoro è il terzo concorrente. E’ sostenuto dai prodiani e guardato con simpatia da Sel (che però ha scelto di restare alla finestra e aspettare l’esito delle primarie prima di sottoscrivere l’alleanza). Altra modenese in corsa è la presidente uscente dell’assemblea legislativa Palma Costi: ex assessore a Modena, Costi viene dalla tradizione Pci-Pds-Ds e nel Pd è stata sempre vicina a Enrico Letta. Il candidato più di rottura rispetto al passato erraniano è l’ex sindaco di Forlì Robarto Balzani: anche lui renziano, Balzani quando governava la città romagnola si scontrò e non poco con il governatore Errani. Su di lui potrebbero arrivare i voti di alcuni civatiani. Ultimo candidato in corsa, outsider assoluto, è l’ex consigliere regionale Idv reggiano Matteo Riva, candidato per il centro democratico. La sua candidatura è quella che, almeno dal punto di vista formale, rende di coalizione le primarie che altrimenti sarebbero solo un affare interno al Pd.

«Saranno primarie vere, non ci si candida per un posto da assessore» aveva dichiarato Bonaccini nelle scorse settimane, mentre lavorava alla ricerca, poi fallita, di un candidato unitario. «Chiunque vincerà dovremo restare uniti» ha gridato dal palco Stefano Bonaccini.

Nella Regione fiore all’occhiello della sinistra italiana, dove alle ultime regionali il partito ha incassato il 55% dei consensi, («Mai così bene nemmeno quando c’era il Pci», notava un militante alla fine di maggio) il Pd ha tutta la possibilità di farsi male da solo. In primis partendo dal giudizio sui quindici anni di Vasco Errani: Bonaccini e Bianchi, pur con sfumature diverse e gli inviti all’innovazione, non ci stanno a buttare quanto fatto in passato, anzi. Più propensi a giocare la carta dell’alternativa e della necessità di cambiamento, forse più per necessità di posizionamento che di critica reale, sono Matteo Richetti e Balzani.
Dall’altra parte dello schieramento, le opposizioni si trovano allo sbando. I grillini sono in attesa di sapere quando selezioneranno via web il proprio candidato; a destra invece si tenta un’alleanza allargata il più possibile, dall’Udc a Fratelli d’Italia, passando per il Nuovo centro destra di Angelino Alfano, la Lega nord e Forza Italia. L’obiettivo dei berlusconiani è arrivare secondi: come ammette il coordinatore regionale Massimo Palmizio, l’obiettivo non è vincere ma, attraverso la nuova legge per il Senato, mandare a Roma un senatore.

Insomma, chi vince le primarie governerà la Regione, per questo le settimane che mancano al 28 settembre saranno un periodo piuttosto teso in casa democratica.