Una presenza del governo in tv «abnorme», una «vistosa violazione delle leggi» sulla par condicio durante le campagne elettorali. È durissimo, ma soprattutto molto dettagliato il nuovo esposto del Comitato per il No che arriva all’Agcom, dopo il «buffetto» imbarazzante che la stessa autorità negli scorsi giorni aveva impartito alle tv in cui dilaga la presenza del fronte del Sì. Soprattutto grazie ai suoi massimi esponenti, premier e ministri. L’esposto, il secondo, è firmato dai costituzionalisti Alessandro Pace e Roberto Zaccaria, e dai rappresentanti del No Alfiero Grandi e Vincenzo Vita. È corredato da tabelle che vale la pena léggere con attenzione per verificare quella che viene definita «la vistosa sovraesposizione del presidente del consiglio e di esponenti del governo nell’informazione diffusa dalla concessionaria pubblica», con particolare riferimento ai principali Tg (Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews). Una situazione particolarmente delicata, visto che siamo a meno di due settimane dal voto e cioè nel cruciale momento in cui gli «indecisi» si fanno un’idea di cosa votare. Spesso grazie alla tv.

Il «tempo di antenna», cioè la somma del tempo di notizia e quello di parola, di Renzi e del governo in totale «è superiore al 42 per cento». Nel dettaglio: «Nelle tre edizioni principali dei telegiornali Rai di domenica 13, lunedì 14, martedì 15 e mercoledì 16, il presidente del consiglio ha avuto rispettivamente 62 secondi di tempo di parola, 63 secondi, un minuto e 34 secondi ed un minuto e 22 secondi. Una quantità di tempo di parola che da sola doppia quella totalizzata da tutti gli altri soggetti politici».

Ormai siamo all’ultimo miglio della campagna referendaria. Per questo il Comitato chiede all’Autorità di intervenire «prontamente ed incisivamente» per ripristinare il diritto dei cittadini a «un’informazione imparziale». Anche per evitare il ridicolo delle sanzioni a futura memoria, quelle che arrivano fuori tempo massimo a voto celebrato, grande classico dell’autorità garante dell’era berlusconiana.

Ma se in tv il premier fa un gioco sempre più duro grazie a direttori compiacenti, anche fuori non scherza. I sondaggi, che lo penalizzano (da ieri non sono più pubblicabili) gli suggeriscono di tentare il tutto per tutto per la rimonta. E quindi via a insulti, sarcasmi, sfottò all’indirizzo del fronte del No: altro che «restiamo al merito della riforma», i suoi comizi ormai sono show che finiscono per aizzare gli spettatori contro gli avversari politici. Come ieri a Matera. Il premier ha definito il No «l’ennesima accozzaglia di tutti contro soltanto una persona». Renzi si rivela sempre più un talento da palco: ammiccamenti, persino imitazioni (D’Alema è il bersaglio preferito): «Stanno mettendo insieme un gioco delle coppie fantastico. Meglio di Maria De Filippi. Abbiamo fatto capire a Berlusconi e Travaglio che si vogliono bene a loro insaputa, D’Alema e Grillo, uno che sostiene la politica e uno l’anti politica. E poi Vendola e La Russa», ieri ha detto. Poi però, stavolta a Caserta, gli è toccato fermare i suoi dal cacciare in malo modo un signore che lo contestava. Al grido già sentito (alla Leopolda) «fuori, fuori». Poco prima aveva detto, a proposito dei referendum propositivi: « Se uno vota 5 Stelle come fa a votare No? Nemmeno ubriaco». I deputati M5S replicano a stretto giro: Renzi mette insieme volti diversi?, «Agli italiani basta vedere la sua faccia per sapere quale sia la scelta giusta».

Lo scontro a distanza si fa molto ruvido anche dentro il Pd. Roberto Speranza, in tour in Sicilia per difendere le ragioni del No, replica al segretario: «Accozzaglia? Siamo di fronte alla solita arroganza, quella del ’Ciaone’ pronunciato dopo il referendum sulle trivelle a cui parteciparono oltre 15 milioni di italiani». Da sinistra Pippo Civati intanto invoca una parola da Romano Prodi, storico leader dell’Ulivo. Lo fa da Bologna, dove ieri ha riunito i suoi per la manifestazione «Per noi è no». Accanto a lui c’era Silvia Prodi, la nipote dell’ex premier. Il quale ex premier da settimane è dato ’ tendenza No’. Lui però non parla: e questo lo salva dagli attacchi forsennati che Renzi riserva ai protagonisti della sinistra di ieri che non votano Sì «per riprendersi le poltrone di prima».