«Come la penso? Sono in grande imbarazzo, in grandissima apprensione». Per una volta, forse per la prima volta nella sua vita, Michele Emiliano, uomo di solito diretto e senza peli sulla lingua – e con pelo sullo stomaco – usa mille cautele. La minaccia di Renzi a Vendola, ovvero la quasi estromissione di Sel dalle future alleanze anche regionali causa frontale fra i due sulla riforma costituzionale che si consuma al senato, si abbatterebbe come uragano in Puglia. Dove l’ex sindaco di Bari punta alla staffetta con il presidente della regione (e presidente di Sel), passando per le primarie di coalizione già convocate per il 30 novembre.

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Certo, il Pd pugliese è molto renziano. «Ma io, io di Sel sono la zita», ragiona Emiliano. Che ieri, accettando ufficialmente l’invito a correre da parte 400 amministratori locale – fra cui quelli della Sel di Brindisi, per dire – si è augurato che il vietnam del senato sia «una momentanea perdita di lucidità». «Spero che immediatamente i toni siano abbassati. Sul territorio il nostro rapporto con Sel è assolutamente positivo, non c’è motivo di allungare anche nelle province un conflitto».

«E però – ha aggiunto come un colpo alla botte dopo quello al cerchio – diciamo la verità, in parlamento il Pd si è sentito aggredito non solo dagli emendamenti ma anche dagli aggettivi utilizzati da Sel». Gli ha risposto Dario Stefàno, candidato per Sel, ex centrista dai modi sempre eleganti: le primarie sono «una piattaforma comune, un’ambizione condivisa, un’attitudine esclusiva del centrosinistra, che abbiamo sperimentato per la prima volta proprio in Puglia, nel 2005 con Vendola, mostrando ancora una volta che qui c’è terreno fertile per l’avanguardia politica». Come dire che a farsi cacciare via dalla competizione e dall’alleanza Sel proprio non ci pensa.

Stesso dicasi in Emilia Romagna, che andrà al voto già in autunno. Qui attualmente Sel è in maggioranza, anche se sul prossimo giro sono i ’sellini’ ad avere qualche dubbio. Ieri a Bologna lo stato maggiore del partito ha rivolto un invito, a dispetto delle rotture romane: «un appello a tutte le forze del centrosinistra», «a 360 gradi a sinistra». Aspettandosi una risposta. E una risposta è arrivata dal Pd, e senza perdere tempo: il candidato alle primarie Stefano Bonaccini – quello che a gennaio si è sottoposto ai fischi del congresso vendoliano portando il saluto del contumace Renzi – è pronto all’abbraccio: «Mi auguro che alle regionali dell’Emilia Romagna possa esserci una convergenza programmatica con Sel».

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Qui le primarie saranno solo del Pd, ma «abbiamo governato bene insieme, nei comuni siamo alleati nel 90 per cento dei casi e quindi mi auguro che anche per le regionali possa esserci una convergenza». Certo, sottolinea, «non siamo qui per dover pietire un’alleanza con nessuno e il Pd non si farà ricattare». Che però a ben vedere è l’esatto opposto del benservito di Renzi.

Aria serena anche in Sardegna, dove Pd e Sel governano insieme da fine maggio. In queste ore il presidente Francesco Pigliaru (Pd) e quello della Commissione Riforme Francesco Agus (Sel) sono impegnati a riscrivere lo statuto a quattro mani. Del resto anche Cagliari il vendoliano moderato Massimo Zedda è sostenuto dal Pd. E infatti dalle segreterie dei due partiti si parla con una sola voce: «Non ci sono motivi che facciano pensare ad una rottura o incrinazione dei nostri rapporti».