«È con grande gioia che apprendiamo che il governo ha deciso di non impugnare la legge regionale abruzzese sulla cannabis terapeutica di cui Maurizio Acerbo di Rifondazione Comunista è stato promotore e primo firmatario». Canta vittoria Paolo Ferrero, ma deve ammettere che tra Renzi e Monti (che da premier non perse l’occasione di impugnare le analoghe leggi regionali del Veneto e della Liguria) una qualche differenza c’è, anche se, governo che va, governo che viene, a capo del Dipartimento delle politiche antidroga sempre Giovanni Serpelloni resta. E al leader del Prc deve sembrare proprio uno sballo il fatto che la legge sia in vigore dall’inizio dell’anno in una regione governata dal centrodestra e che «persino Giovanardi dichiari di non essere contrario all’uso terapeutico della cannabis mentre da anni governi e parlamenti non provvedono a rendere effettiva l’erogazione dei cannabinoidi da parte del Ssn».

Rispetto agli altri provvedimenti regionali dello stesso tipo (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto), la particolarità della legge numero 4 del 4 gennaio 2014 che ieri il Consiglio dei ministri ha deciso di non impugnare davanti alla Corte costituzionale come invece ha fatto con altre due normative regionali abruzzesi, sta nell’esplicita autorizzazione per la giunta «ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (statale, ndr) o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi», come si legge nell’articolo 6 del testo. In sostanza, il governo abruzzese «può stipulare convenzioni con i centri e gli istituti (italiani, ndr) autorizzati alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi», in modo da non doverli più importare dall’estero. In realtà però non più di un paio di mesi fa l’Ufficio centrale stupefacenti del ministero della Sanità ha annunciato che non sarà più concessa alcuna autorizzazione a importare dal nord Europa il Bedrocan (farmaco a base di infiorescenze femminili di canapa sativa), essendo questa una cura equivalente alle preparazioni magistrali vegetali disponibili – dietro presentazione di ricetta medica – nelle farmacie galeniche. Se i progetti pilota di questo tipo saranno davvero avviati, la regione Abruzzo potrà in qualche modo fare da apripista alla produzione farmaceutica italiana della canapa con Thc, tanto più che l’autorizzazione alla coltivazione è stata già concessa negli ultimi due anni ad alcune aziende.

È lo stesso Maurizio Acerbo a spiegare le altre particolarità della legge regionale abruzzese: «Non abbiamo voluto limitare le tipologie di patologie per le quali può essere prescritta la cannabis terapeutica – spiega il capogruppo del Prc in consiglio regionale – e abbiamo lasciato invece completa autonomia e responsabilità al medico sulla scelta della terapia che può avvenire a casa o in strutture ospedaliere». Il provvedimento prevede che i «medicinali cannabinoidi possono essere prescritti, con oneri a carico del Sistema sanitario regionale (quindi totalmente gratuiti per il paziente, ndr), da medici specialisti del Ssr e da medici di medicina generale del Ssr, sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista». «Inoltre – aggiunge ancora Acerbo –la nostra legge prevede una centrale unica d’acquisto, in modo da ridurre le spese fisse e uniformare i costi».

Norme, queste come tutte le altre simili varate a livello regionale, che per Carlo Giovanardi «è in sintonia con la legislazione nazionale in vigore». «È una bugia –ha detto il padre della legge sulle droghe appena annullata dalla Consulta perché incostituzionale – che in Italia sarebbe vietata la cannabis a scopi terapeutici. Non è vero, è perfettamente legale». Mentre Ferrero precisa che «con le leggi regionali stiamo cercando di colmare il vuoto normativo con cui devono fare i conti quotidianamente medici e pazienti». In effetti la disponibilità delle Asl o delle farmacie galeniche è decisamente a macchia di leopardo, a seconda delle norme regionali, dei regolamenti attuativi (quasi più importanti delle leggi stesse), e anche della predisposizione culturale dei medici. «I farmaci a base di cannabis si devono poter produrre in Italia e a basso costo per il Ssn che ha il dovere di erogarli a chi ne ha bisogno su tutto il territorio nazionale. Visto che ormai l’ha capito pure Giovanardi – incita infine Ferrero –il governo si dia una mossa».