C’è chi non la prende sul serio, chi non la prende bene, chi la prende malissimo. L’annuncio di Matteo Renzi della riapertura del dossier ’Ponte sullo Stretto’ fa esplodere una nuova polemica fra maggioranza e opposizioni, fronte del no al referendum costituzionale contro fronte del sì. «Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni noi ci siamo», dice il premier alla festa per i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, quello che già aveva tentato l’opera nel 2012, ed era poi stato stoppato dal governo Monti. L’uscita, impreziosita dall’ipotesi di «100mila posti di lavoro» – calcolati chissà come – è però una citazione: il Ponte sullo Stretto era la Moby Dick di Silvio Berlusconi. Prima ancora di Bettino Craxi. Renzi fin qui era contrario. Anzi alla prima Leopolda, annata 2010, aveva scandito il suo no dal palco invocando «un paese che preferisce la banda larga al Ponte sullo Stretto».

L’improvviso cambio di idea ha una spiegazione logica, persino banalotta. Nell’operazione di recupero dei consensi in vista del voto del 4 dicembre, Renzi ora va a caccia dei voti di quello che fu il blocco berlusconiano, mai davvero ostile all’uomo del Nazareno. La chimera del Ponte potrebbe spostare voti al Sud, dove per ora il no sarebbe in vantaggio. Renzi sa di non poter tramutare in sì il no ultramotivato dell’elettorato grillino e di sinistra-sinistra. Tanto più che sugli indecisi di quella parte c’è chi sta già lavorando con migliori competenze: è il ministro della giustizia Andrea Orlando, che per il 2 ottobre ha organizzato un convegno per il sì alla Camera del lavoro di Milano. Con molti ospiti. Ma le special guest saranno Mario Tronti, padre dell’operaismo italiano, e Massimo Zedda, sindaco di Cagliari sulla carta ancora iscritto a Sel. Da quell’area politica del resto qualche segnale arriva. Se non di schieramento per il sì, almeno di distensione. L’ex sindaco di Milano qualche giorno fa a Repubblica ha spiegato di non voler partecipare allo scontro «fra guelfi e ghibellini». E proprio ieri su La7 la presidente della camera Laura Boldrini, pur dichiarando che il Ponte sullo Stretto non è una priorità («Prima il terremoto») ha invitato tutti a abbassare i decibel in vista di una ricomposizione del dialogo nel dopo-voto: «Non bisogna arrivare al giudizio universale: il referendum è importante perché si tratta della nostra Costituzione, ma è un referendum. Il giorno dopo dobbiamo continuare il nostro lavoro, a dare le risposte ai bisogni del Paese. Non credo si debba arrivare alla lacerazione delle istituzioni: bisogna capire quali sono i bisogni delle persone perché riformare la Costituzione è importante, ma per le persone questa non è la priorità numero uno». Toni del tutto diversi, e forse non solo per la carica che ricopre, da quelli che in queste ore usano gli esponenti del suo partito di provenienza, Sel (ormai trasformato in Sinistra italiana) che il prossimo sabato ha convocato una manifestazione per il no a Firenze, a casa di Renzi.

Il quale dal canto suo di dedica al suo lato destro. È infatti convinto di avere chance nell’elettorato (cosiddetto) moderato tendente a destra e ancora indeciso. C’è chi riferisce che a margine del consiglio dei ministri di lunedì scorso avrebbe spiegato la sua strategia ad alcuni ministri adatti ad affiancarlo nell’impresa. E non era neanche la prima volta che ne parlava. Non è un caso che venerdì scorso, su La7, in un confronto fra esponenti del sì e del no condotto da Enrico Mentana, il ministro Gian Luca Galletti, un tempo schierato con Berlusconi, ha invitato Renato Brunetta a votare sì «perché la riforma è quello che ha sempre chiesto Berlusconi». Non era una gaffe ma una battuta preparata con cura, e infatti ripetuta più volte nel corso della trasmissione. Per quell’elettorato Renzi potrebbe avere in serbo altri segnali nella finanziaria che si decide in queste ore, sempreché naturalmente riesca a recuperare le risorse necessarie.

Si vedrà. Quanto al Ponte, la destra che si vede sfilare un cavallo di battaglia la prende male. Anzi malissimo. Attacca Renato Brunetta: «Sta diventando ridicolo. Forza Renzi, continua così che il no arriva al 60 per cento». Renato Schifani: «Ora Renzi promette mari e ponti». La leghista Saltamartini: «Merlino Renzi da qui al 4 dicembre proporrà la qualunque, bugie e cose irrealizzabili».