L’Istat ha messo il bastone tra le ruote alla propaganda incontenibile del governo Renzi sul presunto aumento dell’occupazione. E il ministro del lavoro Poletti è stato smentito dal suo stesso ministero che lunedì ha diffuso i dati reali sulle attivazioni complessive dei contratti e quelli sui contratti a tempo indeterminato. La disoccupazione è tornata a crescere a febbraio (+12,7%), i disoccupati sono cresciuti di 67 mila unità nell’ultimo anno, i giovani tra i 15 e i 24 anni senza lavoro sono aumentati di 34 mila unità. L’occupazione a tempo indeterminato non è aumentata di 79 mila unità negli ultimi due mesi. I generosi incentivi alle imprese concessi dal governo nella legge di stabilità 2014 sono stati insignificanti. Per i cacciatori di farfalle di Palazzo Chigi la giornata di ieri è stata una «Waterloo». L’esecutivo si è sfracellato contro il muro della realtà dopo avere preso la ricorsa giovedì 26 marzo. Quel giorno Renzi e Poletti hanno cinguettato sull’aumento di 79 mila contratti a tempo indeterminato nel periodo gennaio-febbraio 2015. Il plauso dei media è stato immediato. Poi sono cresciute le ombre.

Al netto del domestico e della pubblica amministrazione, le tabelle del ministero del lavoro hanno invece registrato l’incremento di 78.927 attivazioni in più (303.648) rispetto al bimestre 2014 (224.721). Le cessazioni per tipologia contrattuale sono aumentate di 75.535. E sono aumentati i contratti precari: più 73.902. In totale, i posti precari sono 847.487 sui complessivi 1.382.978 posti di lavoro. Tra aumento delle cessazioni (+8,9%) e egemonia incontrastata del precariato (il 61,2%, sei posti di lavoro su dieci) non c’è dunque alcuna ripresa. I dati sull’occupazione diffusi da Poletti non erano attendibili. Quelli «veri» sul primo bimestre 2015 saranno pubblicati dal sistema informativo statistico delle comunicazioni obbligatorie solo il 20 aprile. Dati più certi verranno fuori solo quando saranno consolidati i risultati del trimestre, vale a dire a luglio. Tra tre mesi i titoli strappati dal governo saranno archiviati come pagine inutili. I gufi e gli sciacalli non c’entrano. Il disastro mediatico è stato prodotto dalla sua ansia di prestazione. Frustata dalla realtà della crisi.

L’altra mazzata è arrivata dall’Istat. Quei benedetti 78.927 contratti a tempo indeterminato possono essere il risultato delle transizioni dal tempo determinato a tempo indeterminato. In più i contratti attivati non equivalgono necessariamente a nuovi occupati. I dati provvisori su febbraio 2015 pubblicati ieri dicono anche questo. I disoccupati sono aumentati su base mensile: -0,2%, 44 mila unità in meno. Non contano dunque le variazioni mensili, quelle a cui Renzi si è aggrappato ingenuamente. Conta l’andamento annuale perché un’eventuale crescita si registra se dura tre trimestri. Da dicembre l’occupazione «è rimasta sostanzialmente stabile» ha avvertito l’Istat. E la disoccupazione è diminuita non perché è ricominciata la «ripresa», ma «per la risalita del tasso di inattività». Questo l’Istat l’ha sempre ripetuto nei ultimi mesi.

Inascoltata dal governo che vive in una realtà parallela. Ad ogni report, insieme agli «esperti» del Partito Democratico, inscena una danza della pioggia. Ma in questo deserto non piove mai. Si resta in attesa della sospirata precarizzazione imposta via Jobs Act. Gli uomini della pioggia annunciano grandi temporali. Il cielo gli darà ragione?

Il bollettino Istat ha confermato le caratteristiche della disoccupazione strutturale di massa cresciuta negli anni della crisi. I più colpiti sono i giovani e le donne. Il tasso di disoccupazione dei primi è cresciuto di 1,3 punti percentuali a febbraio e di 0,1 nell’ultimo anno. E si è attestato al 42,6%. I giovani occupati tra i 15 e i 24 anni sono diminuiti di 34 mila unità, +3,8%. È un’altra prova del fallimento del programma «Garanzia giovani». Fortemente penalizzata resta l’occupazione femminile. A febbraio il tasso è sceso di 42 mila unità (-0,4%). Stesso andamento si registra sul tasso di occupazione. Quello maschile è stabile al 64,7%, quello femminile è diminuito di 0,2 punti percentuali. Se il tasso di inattività cresce per gli uomini di 0,4 punti, mentre diminuisce quello di disoccupazione, per le donne la situazione è opposta. Le inattive diminuiscono, mentre aumentano le disoccupate (+0,9%). La tendenza ad una risicata crescita dell’economia senza occupazione fissa (Jobless recovery) è stata confermata dai dati Istat sul Pil: «Si rafforzano i primi segnali positivi per l’economia italiana, all’interno di un quadro ancora eterogeneo». «Nel complesso, l’indicatore anticipatore dell’economia italiana permane su livelli positivi, supportando l’ipotesi di un miglioramento dell’attività economica nel primo trimestre».

Quello di Renzi è «un nauseante balletto sui numeri dell’occupazione -ha commentato la segretaria della Cgil, Susanna Camusso – Bisognerebbe smetterla di dire che la ripresa è dietro l’angolo -ha aggiunto – perché non si può continuare a sostenere che la situazione sta migliorando se la disoccupazione continua a salire e se anche per chi lavora le condizioni continuano a peggiorare». Per Barbagallo (Uil) «Se si continua ad andare a scuola dalla Merkel – che predica austerità – piuttosto che da Obama – che pratica la crescita investendo in infrastrutture, innovazione, ricerca e cultura – i dati occupazionali non miglioreranno». Secondo Furlan (Cisl) per creare nuova occupazione «occorre favorire gli investimenti, con una nuova politica industriale» Per Damiano (Pd): «l’eccesso di ottimismo o di pessimismo rivela un’ansia da prestazione che dovrebbe lasciare il passo a una riflessione più meditata». Per i Cinque Stelle «i dati Istat riportano Renzi sulla terra». Per gli studenti della Rete della Conoscenza «la reale alternativa sta nella creazione di forme universali di Welfare come il reddito di dignità proposto da Libera. Un orizzonte di trasformazione che, tuttavia, è fuori dalla prospettiva di questo governo».

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La leggenda dei 79 mila posti aveva occupato i titoli in prima