«Nessuna sottovalutazione, ma nessun allarmismo». Prova a tenere la barra dritta, il titolare del Viminale Angelino Alfano che oggi sarà a Bruxelles per partecipare alla riunione straordinaria dei ministri degli Interni convocata dal Consiglio giustizia e Affari interni dell’Unione europea dopo gli attentati di Parigi. Ma all’indomani dell’informativa dell’Fbi che avverte l’Italia di essere concretamente nel mirino dei terroristi di Daesh, le metropolitane di Roma e Milano sono andate in tilt e migliaia di cittadini hanno vissuto momenti di tensione per due allarmi bomba scattati a distanza di poche ore l’uno dall’altro nella capitale e uno nel capoluogo lombardo che ha costretto all’evacuazione della fermata Duomo. Tutti e tre rivelatisi poi fortunatamente falsi.

Ovviamente, ragiona il prefetto di Roma Franco Gabrielli, «non esiste né il rischio zero né la sicurezza assoluta» e d’ora in poi «di messaggi, allarmi, sollecitazioni ne avremo in maniera industriale perché spesso rispondono agli interessi più disparati: a chi vuole creare confusione o a chi ha obiettivi più sofisticati. E poi esiste una regola – aggiunge il prefetto che è a capo della cabina di regia sul Giubileo – anche l’orologio rotto, segna due volte al giorno l’ora esatta».

Come a dire, bisognerà abituarsi agli allarmi, ai controlli e alle evacuazioni, ai teatri blindati come la Scala di Milano per la prima del 7 dicembre prossimo, alle mostre rinviate come quella di Modigliani ad Arezzo che non sarà inaugurata domani ma slitta di due settimane per il supplemento di controlli internazionali sulle opere provenienti dall’estero, e alle lunghe code nei concerti come quella che si è formata ieri (senza psicosi) al Pala Alpitour di Torino per la prima delle tre date italiane di Madonna. Segno, questo, che la paura non è poi così diffusa come si vorrebbe far credere e che forse gli italiani sapranno «reagire con determinazione senza rinunciare a vivere», come esorta a fare il premier Renzi nella sua e-news settimanale. Anche il presidente dell’Anci, Piero Fassino, a nome dei comuni italiani respinge «il ricatto terrorista che vorrebbe cambiare la nostra vita».

C’è però chi, proprio nel Pd, inizia a chiedere di «riflettere seriamente sulla possibilità di rinviare il Giubileo» perché, dice il senatore Stefano Pedica, «Roma è una città vulnerabile e l’arrivo di migliaia di pellegrini per l’Anno santo può solo complicare le cose». Ma il Vaticano non ci sta, anche se il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ammette: «Non si può negare che ci siano dei timori, ma il Giubileo va fatto, ci mancherebbe».

Basta «abituarci a vivere con qualche restrizione delle nostre libertà democratiche», come prevede Stefano Dambruoso, Questore della Camera. E trovare i circa 300 milioni che il governo sta tentando di reperire per finanziare, con un emendamento alla legge di stabilità 2016, uomini e mezzi per le forze dell’ordine e per l’intelligence.